29 Ottobre 2023 – Un unico comandamento, un unico amore


La chiesa è chiusa per lavori di ristrutturazione.

Le SS. Messe e tutte le celebrazioni si svolgono presso l’Auditorium (Oratorio Parrocchiale – via Fratelli Cervi)

Orario SS. Messe:
Giorni feriali ore 18.30
Sabato e vigilia delle feste ore 19
Festivo ore 8.30, 10.30, 12, 18


Il sabato, dalle ore 10 alle ore 12, presso l’Auditorium,
Adorazione Eucaristica

In questo orario i preti sono a disposizione per celebrare il
Sacramento della Riconciliazione
Per celebrare il sacramento della Confessione è possibile anche contattare i preti:
Don Paolo 347 3002895 – Don Francesco  347 8804368

 


 

Da questi due comandamenti dipendono tutta la legge e i profeti (Matteo 22,40)

 

Non mancheranno mai coloro che sono tentati di separare i due comandamenti. Non basta amare il proprio prossimo, operare a favore dei più svantaggiati, militare in qualche opera di volontariato? Se poi non preghiamo o non andiamo a messa, Dio dovrebbe capire…
E invece Dio non capisce, non può capire. Perché le due cose sono unite insieme in modo indissolubile. Non si può amare Dio in modo autentico, se non si è disposti a trattare da fratelli tutti coloro che incontriamo. E non si può amare veramente il prossimo – perché è come noi – se non si fa posto a Dio nella propria vita riconoscendo che è il Padre di tutti e che tutti, proprio tutti, sono suoi figli, anche quelli che non fanno nulla per essere accolti più facilmente…
Gesù, in fondo, non ha inventato i due comandamenti: erano già presenti nell’Antico Testamento. Si è limitato a legarli insieme tanto da farne un unico comandamento.
Tutta la morale cristiana viene da lì ed è proprio questo che talvolta la rende incomprensibile e scomoda.
Sarebbe più facile ridurla ad un invito generico alla solidarietà… Ma in questo modo la si separerebbe dalla sua sorgente essenziale: l’amore che Dio ha mostrato verso di noi facendo di ognuno un suo figlio, quell’amore che ci induce a riconoscere nell’altro un fratello. Anche se non parla la nostra lingua. Anche se non è imbevuto della nostra cultura. Anche se si comporta in modo strano, diverso.
Ma sarebbe altrettanto facile ridurre la morale cristiana a una serie di obblighi culturali da rispettare. In fondo ognuno si sentirebbe autorizzato a fare quello che vuole solo perché ha adempiuto ad alcune prestazioni di ordine religioso. Ma il sopruso e l’illegalità, l’ingiustizia e la cattiveria colpiscono non persone estranee a Dio, ma suoi figli. Colpiscono Dio, dunque, nella sua famiglia, in quello che ha di più caro.

ALZIAMO LA VOCE PER CHIEDERE LA PACE

“La pace è un cammino e, per giunta, un cammino in salita», sottolineava don Tonino Bello, che aggiungeva: «Occorre una rivoluzione di mentalità per capire che la pace non è un dato, ma una conquista. Non un bene di consumo, ma il prodotto di un impegno. Non un nastro di partenza, ma uno striscione di arrivo».
Le strade della pace esistono davvero, perché il mondo non può vivere senza pace. Adesso sono nascoste, ma ci sono. Non aspettiamo una tragedia peggiore. Cerchiamo di percorrerle noi per primi, perché altri abbiamo il coraggio di farlo. Facciamo capire da che parte vogliamo stare e dove bisogna andare. E questo è importante perché nessuno dica che lo sapevamo, ma non abbiamo detto o fatto niente.
Non è realista chi scrolla le spalle e dice che tanto è tutto inutile. Noi vogliamo dire che la pace è possibile, indispensabile, perché è come l’aria per respirare. E in questi mesi ne manca tanta. È proprio vero che uccidere un uomo significa uccidere un mondo intero. E allora quanti mondi dobbiamo vedere uccisi per fermarci? «Quante volte devono volare le palle di cannone prima che siano bandite per sempre? ». «Quante orecchie deve avere un uomo prima che possa sentire la gente piangere?». «Quante morti ci vorranno finché non lo saprà che troppe persone sono morte?». «Quando sarà che l’uomo potrà imparare a vivere senza ammazzare? ».
Io, te e tanti non vogliamo lutti peggiori, forse definitivi per il mondo, prima di fermare queste guerre, quella dell’Ucraina, quella in Terra Santa e tutti gli altri pezzi dell’unica guerra mondiale. Le morti sono già troppe per non capire!
E se continua, non sarà sempre peggio? Chi prega e lotta per la pace è realista, anzi è il vero realista perché sa che non c’è futuro se non insieme. È la lezione che abbiamo imparato dalla pandemia. Non vogliamo dimenticarla.
L’unica strada è quella di riscoprirci “Fratelli tutti”. Chiedere pace non significa dimenticare che c’è un aggressore e un aggredito e quindi riconoscere una responsabilità precisa.
Papa Francesco con tanta insistenza ha chiesto di fermare la guerra: «Chiediamo al Presidente della Federazione Russa, di fermare, anche per amore del suo popolo, questa spirale di violenza e di morte e chiediamo al Presidente dell’Ucraina perché sia aperto a serie proposte di pace».
Chiediamo quindi la pace e con essa la giustizia. L’umanità ed il pianeta devono liberarsi dalla guerra. Chiediamo al Segretario Generale delle Nazioni Unite di convocare urgentemente una Conferenza Internazionale per la pace, per ristabilire il rispetto del diritto internazionale, per garantire la sicurezza reciproca e impegnare tutti gli Stati ad eliminare le armi nucleari, ridurre la spesa militare in favore di investimenti che combattano le povertà.
E chiediamo all’Italia di adoperarsi per la proibizione delle armi nucleari non solo per impedire la logica del riarmo, ma perché siamo consapevoli che l’umanità può essere distrutta. Dio, il cui nome è sempre quello della pace, liberi i cuori dall’odio e ispiri scelte di pace, soprattutto in chi ha la responsabilità di quanto sta accadendo.
Nulla è perduto con la pace. L’uomo di pace è sempre benedetto e diventa una benedizione per gli altri.

Mons. Matteo Zuppi
Vescovo di Bologna e Presidente della Cei
(dal quotidiano Avvenire)

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