In evidenza: 1 Dicembre 2024
Lettera del Vescovo Paolo per l’Avvento
COME È POSSIBILE?
MARIA
SEGNO DI SICURA SPERANZA PER UN POPOLO IN CAMMINO
La madre di Gesù, come in cielo, in cui è già glorificata nel corpo e nell’anima, costituisce l’immagine e l’inizio della Chiesa che dovrà avere il suo compimento nell’età futura, così sulla terra brilla ora innanzi al peregrinante popolo di Dio quale segno di sicura speranza e di consolazione, fino a quando non verrà il giorno del Signore. (Lumen Gentium, n. 68)
Carissimi,
ogni Avvento rappresenta un invito ad accogliere di nuovo il dono di una speranza affidabile; tanto più nel 2024, poiché è proprio nel segno della speranza che – la notte di Natale – sarà aperto il Giubileo. Nella Bolla di indizione Spes non confundit, papa Francesco ha infatti dichiarato che “la speranza è il messaggio centrale del prossimo Giubileo”, il quale sarà celebrato con l’intenzione di “rianimare la speranza” in tutti. Ha anche additato in Maria “la più alta testimone della speranza. […] . Non è un caso che la pietà popolare continui a invocare la Vergine Santa come Stella maris, un titolo espressivo della speranza certa che nelle burrascose vicende della vita la Madre di Dio viene in nostro aiuto, ci sorregge e ci invita ad avere fiducia e a continuare a sperare”.
Percorriamo dunque il cammino di Avvento lasciandoci prendere per mano dalla Madre del Signore, per aprire il cuore e la vita al dono di Dio.
Come è possibile?
La prima parola di Maria riportata nel Vangelo di Luca è la domanda che lei rivolge all’angelo: “Come avverrà questo?” (Lc 1, 34). Dinanzi alla prospettiva di essere Madre del Figlio dell’Altissimo, nel cuore della ragazza di Nazareth, che ha senz’altro altri progetti per la propria vita, sorge un comprensibile sgomento. La domanda non è ispirata a sfiducia, come quella di Zaccaria (cf. Lc 1,18), ma esprime la difficoltà di conciliare la realtà della sua situazione con quanto le viene prospettato.
In questo umanissimo turbamento possiamo riconoscere i nostri stessi sentimenti di fronte a ciò che sta accadendo intorno a noi: il crescendo di violenza che coinvolge tutti i livelli del convivere, familiare, sociale e internazionale; le manifestazioni sempre più catastrofiche del dissesto ambientale; il disagio economico e sociale che tocca un numero sempre maggiore di persone e famiglie; gli sviluppi della tecnologia, che mettono nelle mani dell’uomo strumenti sempre più potenti e sofisticati, spesso in assenza di garanzie per il loro retto utilizzo; la massa di uomini e donne – tra cui tanti giovani italiani – che lasciano il proprio paese per cercare altrove un futuro migliore e che, mentre impoveriscono la terra di origine, pongono l’esigenza di un’accoglienza e un’integrazione non sempre facili.
A ciò si aggiungono le vicende personali di ciascuno di noi, toccati da malattie, infortuni, problemi economici… nella propria carne o in quella delle persone care.
Come è possibile continuare a sperare? Come è possibile guardare con fiducia al futuro, se così tante dimensioni dell’esistenza appaiono compromesse? È ragionevole darsi da fare, quando è evidente la propria impotenza di fronte all’accrescersi del male?
Il buon senso di Zaccaria
Dinanzi a tutto questo, l’atteggiamento di Zaccaria sembra l’unica soluzione possibile: dato che la realtà non può evidentemente cambiare, non resta che rassegnarsi: “Io sono vecchio e mia moglie è avanti negli anni” (Lc 1, 18). Portare avanti la propria esistenza in modo onesto e dignitoso, fedeli agli impegni verso Dio e verso gli altri, ma senza attese utopistiche o fughe in avanti. Il sacerdote Zaccaria non è uno scettico o un epicureo gaudente, bensì un uomo di buon senso, che non si fa illusioni.
Persone così ce ne sono tantissime, a tutti i livelli della vita sociale e politica, dentro e fuori dalla Chiesa. Per la maggior parte si tratta di gente rispettabile, che non incarna il nichilismo estremo del “mangiamo e beviamo, perché domani moriremo” (1Cor 15, 32), peraltro ben presente in tanti individui e situazioni. Le loro scelte, però, si rivelano a volte devastanti. La realpolitik che conduce a sposare la logica delle armi sta producendo una serie drammatica di guerre, incapaci di risolvere le situazioni che le hanno originate, prospettando un’escalation preoccupante. La resistenza di tanti settori della politica, dell’economia e della finanza alla conversione ecologica invocata da Papa Francesco fa correre il pianeta verso il baratro. La ricerca del profitto ad ogni costo e il primato dell’interesse individuale impediscono il giusto controllo degli strumenti tecnologici e generano gravi fenomeni sociali e culturali. La paura dinanzi ai cambiamenti richiesti per ridurre le ingiuste disuguaglianze tra le persone e i popoli rinchiude individui e governi in un atteggiamento difensivo che la storia ha dimostrato perdente.
Realismo e buon senso, insomma, nascondono spesso, dietro una patina di ragionevolezza, una stoltezza radicale: l’assenza di sogni, ideali, speranze… conduce a distruggere quella realtà che si vorrebbe ad ogni costo preservare.
Anche nella Chiesa e nella società lucchese ci si comporta a volte in questo modo: prudenza, attendismo, realismo… frenano gli slanci di novità e impediscono i cambiamenti necessari per rendere la comunità cristiana e quella civile migliori di quello che sono, adeguate a fronteggiare le sfide di un mondo che cambia.
La composizione demografica della popolazione, con un indice di invecchiamento crescente e natalità in calo vertiginoso, è insieme sintomo ed esito di questo atteggiamento; anche nelle nostre parrocchie si vedono più pensionati che giovani. L’anziano Zaccaria è certo di non poter generare nuova vita, per cui si chiude ad ogni speranza.
(1- Continua)
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