21 Aprile 2024 – Chiamati

 

 

Io sono il Buon Pastore (Giovanni 10,11)

 

Non è casuale che la giornata mondiale di preghiera per le vocazioni cada sempre la quarta domenica di pasqua in cui si legge un passo del Vangelo del buon Pastore.

In effetti in questo brano c’è l’essenziale di ogni vocazione: un rapporto profondo, intimo, con Cristo. Lo si conosce, si entra in relazione con Lui. Se ne avverte la misericordia e la tenerezza. Si apre il cuore e la mente alla sua Parola, se ne distingue la voce, si prova il desiderio intenso dio incontrarlo, di vivere secondo il suo insegnamento.

C’è gioia e pace, ma anche una fatica, un vero travaglio da affrontare, perché l’incontro con Lui esige una conversione, un cambiamento. Ci si sente conosciuti e si percepisce uno sguardo benevolo e compassionevole, davanti al quale si può apparire così come siamo. La nostra debolezza, il nostro peccato non costituisce un ostacolo: nulla può fermare il suo amore.

E’ in questa esperienza che si avverte una chiamata, come un’avventura esaltante, che si può correre affrontando ogni rischio. Gesù sarà sempre accanto a noi, anche quando andare avanti significa camminare in un deserto, senza poter contare sul consenso di quelli che ci stanno accanto.

Decisiva è la speranza: il sentirsi parte di un disegno che ci sorpassa, in cui possiamo essere strumenti di un amore smisurato. Sentirsi chiamati vuol dire passare da spettatori a protagonisti, investendo le proprie energie per un servizio lieto e fedele alla Chiesa e all’intera umanità.


 

La chiesa è chiusa per lavori di ristrutturazione.

Le SS. Messe e tutte le celebrazioni si svolgono presso l’Auditorium (Oratorio Parrocchiale – via Fratelli Cervi)

Orario SS. Messe:
Giorni feriali ore 18.30
Sabato e vigilia delle feste ore 19
Festivo ore 8.30, 10.30, 12, 17


Il sabato, dalle ore 10 alle ore 12, presso l’Auditorium,
Adorazione Eucaristica

In questo orario i preti sono a disposizione per celebrare il
Sacramento della Riconciliazione
Per celebrare il sacramento della Confessione è possibile anche contattare i preti:
Don Paolo 347 3002895 – Don Francesco  347 8804368

 

14 Aprile 2024 – Un passaggio indispensabile

 

 

Gesù in persona stette in mezzo a loro (Luca 24,36)

 

Stupore, spavento e gioia sono sentimenti che ritornano continuamente nei Vangeli della Pasqua. Lo sconcerto e il dolore che hanno caratterizzato quei momenti drammatici in cui Gesù è stato catturato e condannato, hanno messo duramente alla prova la fede dei discepoli.

Adesso, però, non è agevole neppure uscire da questo stato d’animo e accettare che la Passione e la morte fossero solo un passaggio verso la risurrezione, che dietro a questi avvenimenti ci fosse un disegno d’amore e di salvezza. Ecco perché Gesù mostra loro le mani e i piedi che recano i segni indelebili della croce.

Quello che è accaduto non è stato solo un episodio spiacevole da dimenticare, ma un sacrificio in cui è stato possibile riconoscere l’amore di Dio per l’umanità. Ecco perché Gesù stesso invita i suoi a “toccare e guardare”. Ecco perché Gesù “apre loro la mente all’intelligenza delle Scritture”.

Per comprendere in profondità bisogna passare attraverso tutto quello che l’Antico Testamento aveva detto del Messia, del suo destino doloroso, ma anche della gloria a cui era destinato. I due di Emmaus lo avevano provato lungo la via, mentre Gesù spiegava loro le Scritture: il loro cuore, triste e disilluso, aveva cominciato ad ardere di un fuoco nuovo, di una speranza inaspettata. Ora Gesù permette a tutti i discepoli di fare la stessa esperienza, e anche noi, siamo invitati a lasciarci condurre da Gesù, per comprendere la sua e la nostra vita, a leggere le Scritture per ricevere quella luce che rischiara e permette di cogliere le strade di Dio.


 

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7 Aprile 2024 – Il percorso di Tommaso

 

 

Caravaggio – Incredulità di S. Tommaso

 

Metti qui il tuo dito (Giovanni 20,27)

Come ogni anno, nella seconda domenica di Pasqua, veniamo invitati a compiere lo stesso percorso di Tommaso per passare dall’incredulità alla fede, dal bisogno di vedere e di toccare al riconoscimento di quella relazione unica che ci lega a Gesù. Dobbiamo dirlo subito: Tommaso non corrisponde a quella “macchietta” che ne ha fatto la tradizione popolare. La sua non è l’obiezione dello spirito razionalistico che crede solo a quello che cade sotto i sensi.

La sua “fatica” è ben altra. E nasce proprio dal dramma della morte di Gesù che ha vissuto e del quale non riesce a rendersi ragione. La gioia degli altri apostoli contrasta con il suo atteggiamento, forse perché egli porta ancora le ferite, le sofferenze di quel venerdì che non può dimenticare: Gesù, il Maestro, catturato e condannato, flagellato ed inchiodato alla croce, morto dopo una breve agonia e deposto in un sepolcro.

Tutto questo non può essere rimpiazzato da una gioia che sembra quasi cancellare il dramma che è appena accaduto.

In definitiva, lui, Tommaso, non vuole essere vittima di abbagli, non vuole cadere in una illusione consolatoria che lascerà poi il posto ad una delusione ancora più cocente. Se dunque veramente il Risorto è colui che è stato crocifisso, se è venuto il momento di terminare il lutto e di rallegrarsi, allora egli vuole toccare con mano i segni di quella Passione che l’ha fatto soffrire in modo indicibile…

La Passione e la morte non sono dunque un episodio da liquidare in modo affrettato e sbrigativo.

E’ questo il tornante decisivo per giungere alla fede pasquale: accettare che la passione la morte siano state il passaggio doloroso per giungere alla gloria, lasciarsi alle spalle la sensazione amara di fallimento e di insuccesso ed aprirsi all’azione di Dio Padre che ha pronunciato l’ultima parola sulla testimonianza del Figlio Gesù.
Da qui per Tommaso nasce una chiara professione di fede: “Mio Signore e mio Dio!” Non la dichiarazione di una verità, ma lo slancio per vivere un rapporto unico, un legame che trasforma e trasfigura l’esistenza.


 

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31 Marzo 2024 – È risorto, non è qui

 

 

 

Le donne vennero al sepolcro al levar del sole (Mc 16,2)

 

Non si aspettavano che Gesù venisse arrestato, condannato messo a morte. Non potevano neppure lontanamente immaginare che quella avventura di cui erano stati testimoni e protagonisti finisse in quel modo, su una croce… La loro fuga e il rinnegamento di Pietro esprimono più di tante parole e il loro smarrimento, le loro paure.
Anche se Gesù in qualche modo li aveva preparati, non erano affatto pronti ad avvenimenti così tragici. Come accade in questi casi, restava loro un unico luogo verso cui dirigersi: avevano la possibilità di esprimergli ancora il loro affetto, potevano onorarlo recandosi al suo sepolcro.

Ed è quello che fanno le donne, al mattino di quel primo giorno della settimana, terminato il riposo del sabato. Vanno alla sua tomba, recando gli aromi per ungere il suo corpo.
Vanno nella tristezza e l’unica loro preoccupazione è la grossa pietra che ostruisce l’ingresso del sepolcro. Non si aspettano minimamente quello che troveranno.
Un sepolcro spalancato, senza il corpo di Gesù e con un annuncio che sconcerta: Gesù è risorto e dà appuntamento ai suoi in Galilea, là dove tutto è cominciato, al crocevia dei popoli. Il racconto di Marco non lascia dubbi sulla reazione delle donne. Erano “piene di timore e di spavento” e “avevano paura”.

Perché questa paura? Perché si trovano davanti all’inaudito e all’inatteso. E perché, tutto sommato, è più facile piangere su un sepolcro che lasciarsi alle spalle il luogo della morte per cercare e incontrare il Signore della vita lungo le vie del mondo.

C’è allora un’ulteriore fatica da affrontare per arrivare alla fede del Risorto, Signore della storia.
La devono affrontare le donne, perché Gesù non è un morto da onorare. Egli è vivo e dà appuntamento ai suoi lungo i sentieri della storia.
La deve affrontare Maria Maddalena, che solo un po’ alla volta riesce a lasciarsi la tomba alle spalle. Sarà la voce di Gesù ad aiutarla in questo “passaggio”. Sarà l’incontro con lui a dirigere il suo sguardo ed il suo cuore verso la presenza nuova del Risorto.
La devono affrontare gli apostoli ed anche ciascuno di noi. Il passaggio attraverso le Scritture sarà importante per comprendere ciò che è accaduto.

La fede in Gesù, il Crocifisso risorto, non è affatto scontata.
Bisogna lasciarsi alle spalle il sepolcro e con esso il desiderio di rinchiudere il Signore dentro un dolce ricordo.
Bisogna aprirsi al nuovo, disposti a cercarlo e a riconoscerlo sulle strade della storia.

A tutti i parrocchiani giungano i nostri auguri di una Pasqua serena, nella gioia del Signore Risorto.
Don Paolo e Don Francesco


 

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24 Marzo 2024 – Domenica delle palme


 

Giotto – Ingresso a Gerusalemme

 

Se il chicco di grano … muore porta molto frutto (Gv 12,24)

 

Con la domenica della Palme si ricorda l’entrata trionfale di Gesù a Gerusalemme, qui venne accolto dalla folla che lo acclama come re, agitando fronde e rami presi dai campi.
Il racconto è presente in tutti i vangeli, seppur con alcune varianti. Infatti fra Matteo, Marco, Luca e Giovanni, soltanto quest’ultimo menziona esplicitamente le palme.

In occasione di questa ricorrenza inizia la Settimana Santa, durante la quale si rievocano gli ultimi giorni della vita terrena di Cristo e vengono celebrate la sua Passione, Morte e Resurrezione.

La Domenica delle Palme celebrata dai Cattolici, Protestanti e Ortodossi, cade durante la Quaresima e termina con la celebrazione dell’ora nona del giovedì santo, giorno in cui, con la celebrazione vespertina, si dà inizio al Sacro Triduo Pasquale.


 

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17 Marzo 2024 – Morire per portare frutto


 

 

Se il chicco di grano … muore porta molto frutto (Gv 12,24)

 

Il seme deve conoscere la morte nel profondo della terra per far nascere una nuova vita e portare frutto. A vederlo marcire sembra che ogni speranza venga meno, che tutto finisca. E invece la morte è solo un capitolo della storia, il momento più doloroso, certo, ma non l’ultimo.
Proprio da ciò che marcisce e sembra perduto, esce la vita e un frutto abbondante, insperato.

E’ anche la storia di Gesù. La sua esistenza si offre allo scatenarsi di una ingiusta violenza. Subisce la condanna, le percosse, gli insulti. Inchiodato alla croce, conosce le ore terribili dell’agonia. Si può immaginare una sconfitta più terribile per colui che aveva annunciato consolazione e gioia, guarigione e pace, liberazione e speranza?

E invece il suo amore risulterà vittorioso. Attraverso il passaggio angusto della morte egli giunge alla risurrezione e alla gloria. E offre salvezza a tutti quelli che credono in lui.
La storia di Gesù è anche quella di ogni cristiano, chiamato a perdere la sua vita per ritrovarla. Sarebbe più naturale difenderla e conservarla, perché la sofferenza e ancor di più la morte sembrano andare proprio nella direzione opposta della vita.

Solo la fede permette di affrontare i momenti oscuri in cui si è chiamati a morire all’egoismo e all’orgoglio, alle nostre sicurezze e ai nostri progetti.
Solo l’amore permette di superare i frangenti del pericolo, quando non abbiamo nessuna rete di protezione se non la certezza di essere amati da Dio e la promessa di Cristo.

Altri, prima di noi, hanno affrontato la condanna per amore dei poveri e di Gesù. La loro memoria è per noi sorgente di coraggio e di forza: ciò che Gesù ci ha annunciato si è realizzato nella loro esistenza, ed è quanto potrà accadere anche a noi.


 

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10 Marzo 2024 – Innalzato sulla croce


 

 

Bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo (Giovanni 3,14)

 

“Essere innalzati” è una espressione usata, di solito per evocare l’affermazione di una persona, la sua capacità di distinguersi, di segnalarsi, di avere successo. “Essere innalzati” è dunque sinonimo di potere, di gloria, di forza.

Ma come fa a mantenere questo significato una volta che gli si associa la croce, e quindi una morte orribile, un castigo disumano?

Non è facile abbandonare le abituali rappresentazioni di Dio e accettare che il suo Figlio venga a noi nelle vesti di un condannato, di un giustiziato, abbandonato da tutti.

Non è facile accogliere una salvezza che non si realizza esibendo muscoli, ma offrendo amore.

Eppure è questo il paradosso su cui si regge la fede cristiana. La passione e la morte di Gesù sono la strada che Dio ha scelto per raggiungere l’umanità e liberarla dal male per farla entrare in una vita nuova.

Ciò che essa indica è un amore che non si tira indietro neanche davanti alla debolezza estrema, all’ingiustizia palese, al sopruso ingiustificato.

Un modo nuovo di vedere le cose viene proposto, allora, a ogni credente: la bussola delle sue scelte non è orientata dai criteri del successo, dalla riuscita, ma dalla fedeltà a Dio, dall’obbedienza al suo disegno di salvezza e al suo modo di agire.

Buonismo? Rinuncia? Questi interrogativi non fanno che riprendere le parole di coloro che dicevano a Gesù: “Se sei il Figlio di Dio, scendi dalla croce e allora noi crederemo in te!”


 

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3 Marzo 2024 – Una violenza inaspettata


 

Cecco del Caravaggio, Cacciata dei mercanti dal tempio

 

Scacciò tutti fuori dal tempio (Gv. 2,15)

 

Non siamo abituati a gesti del genere. Ci attendiamo sempre un Gesù buono, misericordioso, pronto a consolare e a guarire.
E qui invece abbiamo a che fare con un gesto forte e violento, che ha come oggetto “coloro che vendono”, anche se il loro ruolo è direttamente funzionale alle liturgie e al sostentamento del tempio.

Perché dunque Gesù si scatena contro queste persone, la cui presenza è ritenuta, tutto sommato, indispensabile? Quello che c’è in gioco deve essere estremamente importante se, pur di difenderlo, Gesù ricorre alla forza.

Si tratta del rapporto con Dio. Questa relazione, che costituisce l’asse portante della nostra vita, corre il pericolo di essere, in qualche modo, inquinata, attraversata da un terribile equivoco.

Dio non è in vendita, e l’odore del denaro diventa una puzza insostenibile quando proviene da attività svolte nell’ombra del sacro, sotto la copertura del tempio, con il pretesto del culto.

Dio non è in vendita e coloro che lo fanno credere, o lo danno a intendere col loro comportamento, sono dei blasfemi perché disonorano Dio riducendolo a un’orrida maschera, a un “oggetto” che può essere acquistato.

Dio non è in vendita: il suo amore, la sua grazia, non sono il risultato di una transazione commerciale. Chi si illude di poterlo in qualche modo “comprare” si sbaglia, e si nega, di fatto, un accesso a lui, al suo volto autentico; s’interdice un’esperienza di luce e di pace, che costituisce il tesoro prezioso della nostra esistenza.

 


 

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25 Febbraio 2024 – La certezza del suo amore


 

Raffaello – Trasfigurazione

 

Apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù (Mc.9,4)

 

Nel percorso che sta conducendo Gesù verso la Passione e la morte, la trasfigurazione rappresenta un momento importante di consolazione e di manifestazione. Consolazione per lui, che è sempre più solo e che nel frangente decisivo sarà abbandonato da tutti. Manifestazione per i discepoli, che sono invitati a riconoscere in lui il Figlio che compie le promesse di DioPadre e realizza il suo progetto di salvezza.

La prova terribile della morte in croce, però, comporterà anche la prova dei discepoli. Si, perché la croce rappresenta un momento di verità che pone fine a qualsiasi equivoco: i sogni di una gloria a poco prezzo, di un successo mondano, naufragheranno sulla collina del Calvario quando proprio lui, il Figlio, verrà inchiodato a una croce e sperimenterà una morte terribile.

Proprio allora, i discepoli dovranno ricordare che quel corpo martoriato lo hanno visto splendere dell’amore di Dio, irraggiare intorno a sé quella luce e quella gioia che hanno in Dio la loro sorgente inesauribile.

C’è per ognuno di noi, da qualche parte, un monte della trasfigurazione. E’ grazie a quello che lì vi avviene che possiamo fronteggiare i momenti oscuri della prova, quando ci pare essere abbandonati da tutti, condannati all’isolamento. In quei frangenti conterà solo la certezza di un amore che non ci abbandona, la fiducia risposta in lui, Gesù, che ce lo ha rivelato.

Ascoltarlo non significa solo accogliere la sua parola, ma viverla, immersi nel suo mistero di morte per partecipare con lui alla risurrezione!


 

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18 Febbraio 2024 – Nella tentazione


 

 

Nel deserto rimase 40 giorni, tentato da satana (Marco 1,13)

 

In questa prima domenica di Quaresima siamo messi di fronte a una verità della nostra esistenza cristiana: la tentazione fa parte della nostra vita, una prova continua a cui non è sottratto neppure Gesù.

La tentazione è legata alla debolezza del corpo e dell’anima, dell’intelligenza e della volontà. Quando ci confrontiamo con la sofferenza e il dolore, quando siamo aggrediti dalla malattia, e dallo sfinimento, è lì che siamo chiamati a reagire nella pazienza e nella speranza.
E’ legata a tanti bisogni che ci assalgono: bisogno di approvazione e di consenso, di stima e di riconoscenza, di onori e di appoggi.
Non è facile accettare la solitudine di certe prese di posizione, i rischi che comporta la fedeltà a Dio e all’umanità.

Qual è la risorsa segreta che permette a Gesù di vincere la tentazione, di attraversare vittorioso il tempo della prova? Non la sicurezza riposta in se stesso, ma la fiducia incrollabile nel Padre suo, nel suo amore, nella sua vicinanza. E’ questa Buona notizia, di un Dio che prende a cuore la nostra sorte, il faro che ci accompagna nell’oscurità di ogni tempesta.

 


 

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