Custodire la vita

Continuiamo la riflessione sulla 44a Giornata per la Vita con un articolo dell’ex magistrato e giurista Giuseppe Anzani, pubblicato sul quotidiano Avvenire sabato 5 febbraio e del quale seguono alcune frasi.

Così preziosa, così fragile. Così bella, così insidiata la vita. (…) La vita, il corpo, il nostro corpo fatto di centomila miliardi di cellule, bellezza di vita tra le infinite iridescenze della vita che ferve nel cosmo in mille forme, è un tempio; un respiro lo abita, un pensiero, un’autocoscienza, una libertà. Il bios si trascende nel mistero dello spirito.

L’homo sapiens non è solo un bio-uomo, è un soffio di Dio. Bellezza insidiata, la vita. (…) A dar morte non ci sono solo le catastrofi e i morbi: anche il sapiens ne ha inventate di suo mille versioni, armi guerre e devastazione dell’ambiente; e oppressione dei poveri, e tra i più poveri la pandemia abortiva con la quale convive in accecata rassegnazione, o fors’ anche promozione.

Come amare la vita, come salvarla? In favore della vita si muove un volontariato generoso, dai molti profili. Alcuni scrivono sulla loro bandiera “rispettare” la vita, altri “difendere” la vita, altri “proteggere” la vita.(…)

Ma c’è ancora una parola che tutte sormonta, ed è “custodire”. Custodire dice essenzialmente un cuore innamorato di ciò che tien caro.(…)

Se le proiettiamo sulla vita, subito appare la radicale peculiarità “umana” del custodire, quale vocazione originaria. Si legge nel Libro sacro che Dio pose l’uomo nell’Eden «perché lo coltivasse e lo custodisse». Si legge ancora che il primo delitto contro la vita si legò al rinnegamento d’esser “custode” del proprio fratello. E se trascorriamo attraverso i millenni fino a noi, contando le vite sfregiate non solo dall’odio ma dall’incuria e dallo scarto o dal rifiuto di esserne custodi, fino all’ecatombe di aborti nel mondo di oggi, vediamo quanto tragicamente persista la disumana deriva di una vocazione infranta.

Oggi (…)la custodia del creato deve diventare cultura, insediarsi nella coscienza. Farsi mente e cuore, e abitudine interiore, consapevolezza che la dignità di ogni cosa creata e in specie della vita umana si riconduce al dono del Creatore dell’universo, ha origine da quel Grembo d’amore.(…)

Custodire, dunque, non è semplicemente un’azione, un lavoro: è una radice del pensiero che germoglia e fiorisce nell’anima, prima di dar frutto nei gesti e nel costume. Il suo contrario è lo scarto, cioè la distruzione, la sconfitta della speranza. Custodire è invece anche una festa, una pace, un conforto, un canto di lode.

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