26 Novembre 2023 – Alla fine della vita ciò che conta è avere amato


La chiesa è chiusa per lavori di ristrutturazione.

Le SS. Messe e tutte le celebrazioni si svolgono presso l’Auditorium (Oratorio Parrocchiale – via Fratelli Cervi)

Orario SS. Messe:
Giorni feriali ore 18.30
Sabato e vigilia delle feste ore 19
Festivo ore 8.30, 10.30, 12, 17


Il sabato, dalle ore 10 alle ore 12, presso l’Auditorium,
Adorazione Eucaristica

In questo orario i preti sono a disposizione per celebrare il
Sacramento della Riconciliazione
Per celebrare il sacramento della Confessione è possibile anche contattare i preti:
Don Paolo 347 3002895 – Don Francesco  347 8804368

 


 

Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare (Mt 25,35)

 

Alla fine della nostra vita, il criterio di valutazione della nostra esistenza sarà estremamente concreto: abbiamo sfamato quelli che erano senza cibo, abbiamo accolto chi era straniero o privo dell’essenziale, abbiamo visitato e soccorso chi era malato o in carcere?

In questo caso ci sentiremo chiamati “benedetti”. Se invece abbiamo ignorato le richieste di chi aveva bisogno di pane e di vestiti, di una casa e di un lavoro, di attenzione e di aiuto, allora verremo designati come “maledetti”.

In quel frangente non potremo avvalerci di bei discorsi o di professioni di fede perfette, a parlare saranno i fatti. E Gesù ci ricorderà che proprio a Lui che abbiamo donato o negato la compassione e tutto quello che essa comporta. Invano, allora, cercheremo delle scuse. Le nostre omissioni appariranno in tutta la loro gravità perché riveleranno il nostro egoismo, la nostra durezza di cuore e scopriremo che tante persone, che giudicavamo lontane da Dio, avevano invece accordato a Gesù quello che chiedeva, lo avevano accolto, sfamato, dissetato, vestito, anche senza saperlo.

In effetti la reazione degli uni e degli altri è improntata proprio alla meraviglia. Meraviglia di chi si è dimostrato generoso. E meraviglia di chi invece ha chiuso il cuore e la borsa.
Chi si aspettava, infatti, che Gesù avesse assunto i panni del povero, del sofferente, dell’abbandonato? E’ proprio questo, in fondo, che sconcerta…
Abituati a considerare Dio come potente e autosufficiente, facciamo fatica a riconoscerlo nei panni di chi manca del necessario e ha bisogno di essere aiutato.
Ma è proprio questa la strada che Gesù ha percorso. Egli si è fatto povero per condividere la nostra miseria e la nostra fragilità.
La strada da lui percorsa è proposta anche a noi.

19 Novembre 2023 – Impossibile vivere di rendita


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Chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni (Mt 25,14)

 

La fede non è un oggetto prezioso, da conservare così com’è, ma una realtà viva, come una pianta, che domanda cure continue e attenzione costante. Nessuno, dunque, può ritenere di avere accumulato già meriti a sufficienza davanti a Dio tanto da poter starsene tranquillo senza far niente.

La parabola dei talenti, in fondo, ci mette proprio davanti a questo. E tuttavia il suo messaggio vuole nello stesso tempo liberare Dio dall’accusa di essere un padrone esoso.

Il racconto, infatti, comincia nel segno della fiducia: quell’uomo che parte per un lungo viaggio, deve avere tanta fiducia nei suoi servi se mette nelle loro mani un vero tesoro. Questa fiducia è determinante perché è proprio essa che genera una risposta attiva e operosa da parte dei primi due. Perché rischiare? Perché alla fiducia si risponde con la fiducia…In effetti, poi, il servo fannullone dimostra proprio il contrario della fiducia, cioè la paura: “Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra…” Ma c’è un altro particolare: quel padrone non “sfrutta” i suoi servi. Tanto è vero che non ritira i guadagni che hanno realizzato, ma li affida ancora a loro, li lascia nelle loro mani. L’operosità del discepolo, quindi, torna tutto a suo vantaggio, Annunciare il Vangelo con le parole e con le opere, trasmettere la fede, testimoniarla, non impoverisce colui che affronta questa fatiche, ma al contrario arricchisce la sua esistenza, facendogli conoscere una pienezza sconosciuta.

Colui invece, che si limita al minimo, finisce col perdere tutto.

12 Novembre 2023 – Una storia che finisce male


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Le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze (Mt 25,10)

 

E’ una storia che dovrebbe essere colma di gioia, di allegria: una giovano coppia si sposa, un corteo nuziale che avviene la sera, tardi, quando il caldo è meno opprimente, e poi un banchetto, in cui ci sarà da mangiare e da bere.
Ci sarebbero tutti gli ingredienti per una bella festa che permette di uscire dalla ristrettezza e di godere di una tavola abbondante, innaffiata di vino.
E invece no!
Il finale, affidato tra l’altro allo sposo, è duro, senza alcuna possibilità di appello. Alla richiesta: “Signore, Signore, aprici!”, fa seguito una risposta imprevista e disarmante nella sua brutalità: “In verità io vi dico: non vi conosco”.
Mettetevi nei panni di quelle damigelle d’onore rimaste escluse dalla sala della cena solo per una questione di olio. A che cosa è servito essersi lavate, profumate, aver tirato fuori i vestiti più belli, i pochi gioielli preziosi? A nulla!
E poi, l’essere andate alla casa della sposa, l’aver atteso che arrivi il futuro marito con i suoi amici, l’essere andate precipitosamente a cercare dell’olio per le loro lampade…Tutto tempo perso!
A dire il vero non è solo lo sposo a fornire una risposta poco gentile.
Anche le colleghe previdenti non scherzano: “Andate dai venditori di olio e cercate quello che vi serve!”. Come se a mezzanotte fosse facile trovare un negozio aperto…
La chiave di tutto, in effetti, è nelle parole finali di Gesù: “Vegliate, dunque, perché non sapete ne il giorno né l’ora”.
Siamo tutti interpellati personalmente e ognuno è rinviato alla propria responsabilità.
Il Regno di cieli non è destinato a chi è incapace di riflettere seriamente sulla realtà e di prendere le decisioni opportune.
Il Regno dei cieli non è neppure per i distratti, per quelli che si lasciano attirare da particolari di poca importanza e mancano ciò che è essenziale.
Oggi è il momento della salvezza!
Accogliamolo senza ritardare ulteriormente la nostra risposta, la nostra conversione.

5 Novembre 2023 – Uno solo è il vostro maestro


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Non agite secondo le loro opere (Mt 23,3)

 

Tentazione antica, costantemente in agguato, quella che Gesù segnala nel brano evangelico odierno. Il profeta che si mette al posto di Dio, il ministro che si arroga le prerogative del suo signore. E’ così umano, alla fin fine, vedere il proprio ruolo riconosciuto, apprezzato, stimato…

E c’è purtroppo, anche qualcosa di peggio: sopravvalutare il proprio ruolo al punto da credersi esenti da quegli obblighi che vengono enunciati per tutti.
Ritenere che il proprio servizio dia diritto a qualche privilegio, a essere liberi da qualche norma, a essere svincolati da qualche restrizione.

Così anche l’uomo di chiesa è tentato di credersi esonerato da questa o da quella parte del Vangelo che pur ha annunciato e spiegato.

Gesù mette le cose al loro posto. Uno solo è il Maestro, uno solo è il Padre. Ogni titolo di questo genere è usurpato. E genera confusione, distrae da ciò che è essenziale. E l’essenziale è il fatto che tutti siamo fratelli, che tutti siamo discepoli. E che chi vuole essere il primo, il più grande, si mette a servizio.

Anche queste sarebbero solo belle parole se Gesù non avesse mostrato con i fatti cosa vuol dire essere a servizio: lui che si è offerto, lui che ha affrontato per amore anche l’odio, anche l’insulto e lo scherno, anche la sofferenza più atroce, fino alla croce.

Per questo quando parla Gesù possiamo stare ad ascoltarlo: le sue parole sono avvalorate dai fatti. I suoi gesti (il pane spezzato, la lavanda dei piedi) non sono riti esteriori, ma realtà incarnata nella vita di tutti i giorni.
Per questo anche se quello che ci dice oggi non è facile da mandar giù (ognuno di noi si porta dentro un po’ di orgoglio e la voglia di emergere), davanti al suo esempio siamo disposti a farci convincere. E a prendere la divisa che ha messo nelle nostre mani: un grembiule che fa da asciugatoio, una brocca e un catino.

29 Ottobre 2023 – Un unico comandamento, un unico amore


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Da questi due comandamenti dipendono tutta la legge e i profeti (Matteo 22,40)

 

Non mancheranno mai coloro che sono tentati di separare i due comandamenti. Non basta amare il proprio prossimo, operare a favore dei più svantaggiati, militare in qualche opera di volontariato? Se poi non preghiamo o non andiamo a messa, Dio dovrebbe capire…
E invece Dio non capisce, non può capire. Perché le due cose sono unite insieme in modo indissolubile. Non si può amare Dio in modo autentico, se non si è disposti a trattare da fratelli tutti coloro che incontriamo. E non si può amare veramente il prossimo – perché è come noi – se non si fa posto a Dio nella propria vita riconoscendo che è il Padre di tutti e che tutti, proprio tutti, sono suoi figli, anche quelli che non fanno nulla per essere accolti più facilmente…
Gesù, in fondo, non ha inventato i due comandamenti: erano già presenti nell’Antico Testamento. Si è limitato a legarli insieme tanto da farne un unico comandamento.
Tutta la morale cristiana viene da lì ed è proprio questo che talvolta la rende incomprensibile e scomoda.
Sarebbe più facile ridurla ad un invito generico alla solidarietà… Ma in questo modo la si separerebbe dalla sua sorgente essenziale: l’amore che Dio ha mostrato verso di noi facendo di ognuno un suo figlio, quell’amore che ci induce a riconoscere nell’altro un fratello. Anche se non parla la nostra lingua. Anche se non è imbevuto della nostra cultura. Anche se si comporta in modo strano, diverso.
Ma sarebbe altrettanto facile ridurre la morale cristiana a una serie di obblighi culturali da rispettare. In fondo ognuno si sentirebbe autorizzato a fare quello che vuole solo perché ha adempiuto ad alcune prestazioni di ordine religioso. Ma il sopruso e l’illegalità, l’ingiustizia e la cattiveria colpiscono non persone estranee a Dio, ma suoi figli. Colpiscono Dio, dunque, nella sua famiglia, in quello che ha di più caro.

ALZIAMO LA VOCE PER CHIEDERE LA PACE

“La pace è un cammino e, per giunta, un cammino in salita», sottolineava don Tonino Bello, che aggiungeva: «Occorre una rivoluzione di mentalità per capire che la pace non è un dato, ma una conquista. Non un bene di consumo, ma il prodotto di un impegno. Non un nastro di partenza, ma uno striscione di arrivo».
Le strade della pace esistono davvero, perché il mondo non può vivere senza pace. Adesso sono nascoste, ma ci sono. Non aspettiamo una tragedia peggiore. Cerchiamo di percorrerle noi per primi, perché altri abbiamo il coraggio di farlo. Facciamo capire da che parte vogliamo stare e dove bisogna andare. E questo è importante perché nessuno dica che lo sapevamo, ma non abbiamo detto o fatto niente.
Non è realista chi scrolla le spalle e dice che tanto è tutto inutile. Noi vogliamo dire che la pace è possibile, indispensabile, perché è come l’aria per respirare. E in questi mesi ne manca tanta. È proprio vero che uccidere un uomo significa uccidere un mondo intero. E allora quanti mondi dobbiamo vedere uccisi per fermarci? «Quante volte devono volare le palle di cannone prima che siano bandite per sempre? ». «Quante orecchie deve avere un uomo prima che possa sentire la gente piangere?». «Quante morti ci vorranno finché non lo saprà che troppe persone sono morte?». «Quando sarà che l’uomo potrà imparare a vivere senza ammazzare? ».
Io, te e tanti non vogliamo lutti peggiori, forse definitivi per il mondo, prima di fermare queste guerre, quella dell’Ucraina, quella in Terra Santa e tutti gli altri pezzi dell’unica guerra mondiale. Le morti sono già troppe per non capire!
E se continua, non sarà sempre peggio? Chi prega e lotta per la pace è realista, anzi è il vero realista perché sa che non c’è futuro se non insieme. È la lezione che abbiamo imparato dalla pandemia. Non vogliamo dimenticarla.
L’unica strada è quella di riscoprirci “Fratelli tutti”. Chiedere pace non significa dimenticare che c’è un aggressore e un aggredito e quindi riconoscere una responsabilità precisa.
Papa Francesco con tanta insistenza ha chiesto di fermare la guerra: «Chiediamo al Presidente della Federazione Russa, di fermare, anche per amore del suo popolo, questa spirale di violenza e di morte e chiediamo al Presidente dell’Ucraina perché sia aperto a serie proposte di pace».
Chiediamo quindi la pace e con essa la giustizia. L’umanità ed il pianeta devono liberarsi dalla guerra. Chiediamo al Segretario Generale delle Nazioni Unite di convocare urgentemente una Conferenza Internazionale per la pace, per ristabilire il rispetto del diritto internazionale, per garantire la sicurezza reciproca e impegnare tutti gli Stati ad eliminare le armi nucleari, ridurre la spesa militare in favore di investimenti che combattano le povertà.
E chiediamo all’Italia di adoperarsi per la proibizione delle armi nucleari non solo per impedire la logica del riarmo, ma perché siamo consapevoli che l’umanità può essere distrutta. Dio, il cui nome è sempre quello della pace, liberi i cuori dall’odio e ispiri scelte di pace, soprattutto in chi ha la responsabilità di quanto sta accadendo.
Nulla è perduto con la pace. L’uomo di pace è sempre benedetto e diventa una benedizione per gli altri.

Mons. Matteo Zuppi
Vescovo di Bologna e Presidente della Cei
(dal quotidiano Avvenire)

22 Ottobre 2023 – Dio e Cesare


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Mostratemi la moneta del tributo (Matteo 22,19)

 

La questione attraversa i secoli, senza essersi ancora spenta. La risposta di Gesù, tuttavia, rimane lì, ben piantata nel Vangelo di questa domenica, a illuminare la coscienza dei discepoli e a ispirare scelte e comportamenti concreti. Non è a Gesù che i cristiani si possono appellare per sfuggire all’obbligo di pagare le tasse, adducendo come scusante, il loro peso eccessivo. Non è a Gesù che i cristiani si possono riferire per evitare di assumere le loro responsabilità, di partecipare alla costruzione della città dell’uomo. Non è Gesù che i cristiani possono citare per denigrare il ruolo dello Stato, a tutto beneficio della missione della Chiesa.
Gesù riconosce i diritti dell’amministrazione che, al suo tempo, si trattava di stranieri che avevano imposto il loro dominio! Ma Gesù non si ferma lì: chiede di adottare lo stesso atteggiamento nei confronti di Dio. E quello che riceviamo da Lui è molto di più! Nello stesso tempo Gesù sembra legare una giustizia all’altra: assolvere i propri doveri nei confronti dello Stato non ci può far dimenticare i nostri doveri verso Dio.
Onorare Dio vuol dire anche comportarsi da cittadini onesti. E la disonestà di certi guadagni non viene coperta, agli occhi di Dio, da un’offerta fatta alla Chiesa. Dio esige una giustizia ancora più alta di quella domandata dallo Stato: non basta “pagare” quello che è dovuto, ma si tratta di dare anche del proprio per vivere la fraternità, la solidarietà e contribuire al bene comune.
Dalla parola di Gesù nasce l’esigenza di andare al di là del “dovuto” per donare anche ciò che legittimamente ci appartiene soprattutto per aiutare chi è nel bisogno.

15 Ottobre 2023 – La veste nuziale


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Mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire (Mt 22,3)

 

Matteo non è l’unico evangelista a riferirci la parabola di questa domenica e tuttavia solo nel suo Vangelo troviamo il particolare della veste nuziale.
Qualcuno potrebbe prenderlo per un elemento di poco conto, ma nella storia esso riveste un’importanza decisiva: proprio perché non vestito in modo adeguato quell’uomo è stato buttato fuori dalla del banchetto!
Ma possibile che un re che ha mandato i suoi servi a cercare gli invitati ai crocicchi delle strade, sapendo bene di raccogliere “buoni e cattivi”, ora a formalizzi sul vestito? La sua bontà smisurata non cozza con questo atteggiamento intransigente riguardo alla tenuta con cui uno si era presentato?

La sottolineatura di Matteo può apparire strana…se non si considera attentamente il dono di Dio e la risposta che si attende da noi, Dio fra grazia: questo messaggio è al cuore del Vangelo di Gesù. La sua misericordia e la sua bontà sono infinite.
Nel racconto il re non si arrende davanti ai rifiuti dei primi invitati. Anzi, sembra che questo lo induca ad allargare la cerchia, per raggiungere tutti: buoni e cattivi, peccatori e osservanti…

Tuttavia Dio attende una risposta da parte di ognuno di noi. Il regno di Dio non è uno scivolo attraverso il quale uno cade dentro il mondo nuovo senza volerlo. Non c’è relazione autentica se un’offerta non viene riconosciuta e apprezzata, se non c’è la disponibilità a lasciarsi trasformare dalla proposta che ci raggiunge. La veste nuziale uno non se la doveva portare da casa: gli veniva offerta per essere adeguato al banchetto che veniva imbandito.
Rifiutarsi di indossarla, dunque, dimostrava spregio nei confronti di chi aveva preparato il banchetto, determinazione a continuare come prima, accettare di sedersi a tavola ma senza voler cambiare, senza disponibilità a convertirsi.

Tutto questo risulta determinante. Non basta figurare tra i primi invitati: bisogna prendere sul serio il dono ricevuto e scegliere di partecipare alla festa. Non basta entrare nella sala: bisogna essere disposti a convertirsi, a cambiare.

Senza questo si rimane tagliati fuori da una salvezza che non è automatica ma impegna il cuore, la mente, la volontà. Tagliati fuori da una possibilità che esige una risposta, in cui a comandare non è il nostro gusto, le nostre scelte, ma il progetto di Dio, le sue priorità, il suo stile.

8 Ottobre 2023 – Cuori ardenti, piedi in cammino


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MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO PER LA 97ª GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE 2023

 

Cari fratelli e sorelle!

Per la Giornata Missionaria Mondiale di quest’anno ho scelto un tema che prende spunto dal racconto dei discepoli di Emmaus, nel Vangelo di Luca (cfr 24,13-35): «Cuori ardenti, piedi in cammino». Quei due discepoli erano confusi e delusi, ma l’incontro con Cristo nella Parola e nel Pane spezzato accese in loro l’entusiasmo per rimettersi in cammino verso Gerusalemme e annunciare che il Signore era veramente risorto. Nel racconto evangelico, cogliamo la trasformazione dei discepoli da alcune immagini suggestive: cuori ardenti per le Scritture spiegate da Gesù, occhi aperti nel riconoscerlo e, come culmine, piedi in cammino. Meditando su questi tre aspetti, che delineano l’itinerario dei discepoli missionari, possiamo rinnovare il nostro zelo per l’evangelizzazione nel mondo odierno.

1. Cuori ardenti «quando ci spiegava le Scritture». La Parola di Dio illumina e trasforma il cuore nella missione.

Sulla via da Gerusalemme a Emmaus, i cuori dei due discepoli erano tristi – come traspariva dai loro volti – a causa della morte di Gesù, nel quale avevano creduto (cfr v. 17). Di fronte al fallimento del Maestro crocifisso, la loro speranza che fosse Lui il Messia è crollata (cfr v. 21).
Ed ecco, «mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro» (v. 15). Come all’inizio della vocazione dei discepoli, anche ora nel momento del loro smarrimento, il Signore prende l’iniziativa di avvicinarsi ai suoi e camminare al loro fianco. Nella sua grande misericordia, Egli non si stanca mai di stare con noi, malgrado i nostri difetti, i dubbi, le debolezze, nonostante la tristezza e il pessimismo ci inducano a diventare «stolti e lenti di cuore» (v. 25), gente di poca fede.
Oggi come allora, il Signore risorto è vicino ai suoi discepoli missionari e cammina accanto a loro, specialmente quando si sentono smarriti, scoraggiati, impauriti di fronte al mistero dell’iniquità che li circonda e li vuole soffocare. Perciò, «non lasciamoci rubare la speranza!» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 86). Il Signore è più grande dei nostri problemi, soprattutto quando li incontriamo nell’annunciare il Vangelo al mondo, perché questa missione, in fin dei conti, è sua e noi siamo semplicemente i suoi umili collaboratori, “servi inutili” (cfr Lc 17,10).
Esprimo la mia vicinanza in Cristo a tutti i missionari e le missionarie nel mondo, in particolare a coloro che attraversano un momento difficile: il Signore risorto, carissimi, è sempre con voi e vede la vostra generosità e i vostri sacrifici per la missione di evangelizzazione in luoghi lontani. Non tutti i giorni della vita sono pieni di sole, ma ricordiamoci sempre delle parole del Signore Gesù ai suoi amici prima della passione: «Nel mondo avete tribolazioni, ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!» (Gv 16,33).
Dopo aver ascoltato i due discepoli sulla strada per Emmaus, Gesù risorto «cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui» (Lc 24,27). E i cuori dei discepoli si riscaldarono, come alla fine si confideranno l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?» (v. 32). Gesù infatti è la Parola vivente, che sola può far ardere, illuminare e trasformare il cuore.
Così comprendiamo meglio l’affermazione di San Girolamo: «Ignorare le Scritture è ignorare Cristo» (In Is., Prologo). «Senza il Signore che ci introduce è impossibile comprendere in profondità la Sacra Scrittura, ma è altrettanto vero il contrario: senza la Sacra Scrittura restano indecifrabili gli eventi della missione di Gesù e della sua Chiesa nel mondo» (Lett. ap. M.P. Aperuit illis, 1). Perciò, la conoscenza della Scrittura è importante per la vita del cristiano, e ancora di più per l’annuncio di Cristo e del suo Vangelo. Altrimenti, che cosa si trasmette agli altri se non le proprie idee e i propri progetti? E un cuore freddo, potrà mai far ardere quello degli altri?
Lasciamoci dunque sempre accompagnare dal Signore risorto che ci spiega il senso delle Scritture. Lasciamo che Egli faccia ardere il nostro cuore, ci illumini e ci trasformi, affinché possiamo annunciare al mondo il suo mistero di salvezza con la potenza e la sapienza che vengono dal suo Spirito.

2. Occhi che «si aprirono e lo riconobbero» nello spezzare il pane. Gesù nell’Eucaristia è culmine e fonte della missione.

I cuori ardenti per la Parola di Dio spinsero i discepoli di Emmaus a chiedere al misterioso Viandante di restare con loro sul far della sera. E, intorno alla mensa, i loro occhi si aprirono e lo riconobbero quando Lui spezzò il pane. L’elemento decisivo che apre gli occhi dei discepoli è la sequenza delle azioni compiute da Gesù: prendere il pane, benedirlo, spezzarlo e darlo a loro. Sono gesti ordinari di un capofamiglia ebreo, ma, compiuti da Gesù Cristo con la grazia dello Spirito Santo, rinnovano per i due commensali il segno della moltiplicazione dei pani e soprattutto quello dell’Eucaristia, sacramento del Sacrificio della croce. Ma proprio nel momento in cui riconoscono Gesù in Colui-che-spezza-il-pane, «egli sparì dalla loro vista» (Lc 24,31). Questo fatto fa capire una realtà essenziale della nostra fede: Cristo che spezza il pane diventa ora il Pane spezzato, condiviso con i discepoli e quindi consumato da loro. È diventato invisibile, perché è entrato ora dentro i cuori dei discepoli per farli ardere ancora di più, spingendoli a riprendere il cammino senza indugio per comunicare a tutti l’esperienza unica dell’incontro con il Risorto! Così Cristo risorto è Colui-che-spezza-il-pane e al contempo è il Pane-spezzato-per-noi. E dunque ogni discepolo missionario è chiamato a diventare, come Gesù e in Lui, grazie all’azione dello Spirito Santo, colui-che-spezza-il-pane e colui-che-è-pane-spezzato per il mondo.
A questo proposito, occorre ricordare che un semplice spezzare il pane materiale con gli affamati nel nome di Cristo è già un atto cristiano missionario. Tanto più lo spezzare il Pane eucaristico che è Cristo stesso è l’azione missionaria per eccellenza, perché l’Eucaristia è fonte e culmine della vita e della missione della Chiesa.
Lo ha ricordato il Papa Benedetto XVI: «Non possiamo tenere per noi l’amore che celebriamo nel Sacramento [dell’Eucaristia]. Esso chiede per sua natura di essere comunicato a tutti. Ciò di cui il mondo ha bisogno è l’amore di Dio, è incontrare Cristo e credere in Lui. Per questo l’Eucaristia non è solo fonte e culmine della vita della Chiesa; lo è anche della sua missione: “Una Chiesa autenticamente eucaristica è una Chiesa missionaria”» (Esort. ap. Sacramentum caritatis, 84).
Per portare frutto dobbiamo restare uniti a Lui (cfr Gv 15,4-9). E questa unione si realizza attraverso la preghiera quotidiana, in particolare nell’adorazione, nel rimanere in silenzio alla presenza del Signore, che rimane con noi nell’Eucaristia. Coltivando con amore questa comunione con Cristo, il discepolo missionario può diventare un mistico in azione. Che il nostro cuore brami sempre la compagnia di Gesù, sospirando l’ardente richiesta dei due di Emmaus, soprattutto quando si fa sera: “Resta con noi, Signore!” (cfr Lc 24,29).

3. Piedi in cammino, con la gioia di raccontare il Cristo Risorto. L’eterna giovinezza di una Chiesa sempre in uscita.

Dopo aver aperto gli occhi, riconoscendo Gesù nello «spezzare il pane», i discepoli «partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme» (cfr Lc 24,33). Questo andare in fretta, per condividere con gli altri la gioia dell’incontro con il Signore, manifesta che «la gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 1). Non si può incontrare davvero Gesù risorto senza essere infiammati dal desiderio di dirlo a tutti. Perciò, la prima e principale risorsa della missione sono coloro che hanno riconosciuto Cristo risorto, nelle Scritture e nell’Eucaristia, e che portano nel cuore il suo fuoco e nello sguardo la sua luce. Costoro possono testimoniare la vita che non muore mai, anche nelle situazioni più difficili e nei momenti più bui.
L’immagine dei “piedi in cammino” ci ricorda ancora una volta la perenne validità della missio ad gentes, la missione data alla Chiesa dal Signore risorto di evangelizzare ogni persona e ogni popolo sino ai confini della terra. Oggi più che mai l’umanità, ferita da tante ingiustizie, divisioni e guerre, ha bisogno della Buona Notizia della pace e della salvezza in Cristo. Colgo pertanto questa occasione per ribadire che «tutti hanno il diritto di ricevere il Vangelo. I cristiani hanno il dovere di annunciarlo senza escludere nessuno, non come chi impone un nuovo obbligo, bensì come chi condivide una gioia, segnala un orizzonte bello, offre un banchetto desiderabile» (ibid., 14). La conversione missionaria rimane l’obiettivo principale che dobbiamo proporci come singoli e come comunità, perché «l’azione missionaria è il paradigma di ogni opera della Chiesa» (ibid., 15).
Come afferma l’apostolo Paolo, l’amore di Cristo ci avvince e ci spinge (cfr 2 Cor 5,14). Si tratta qui del duplice amore: quello di Cristo per noi che richiama, ispira e suscita il nostro amore per Lui. Ed è questo amore che rende sempre giovane la Chiesa in uscita, con tutti i suoi membri in missione per annunciare il Vangelo di Cristo, convinti che «Egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per sé stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro» (v. 15). A questo movimento missionario tutti possono contribuire: con la preghiera e l’azione, con offerte di denaro e di sofferenze, con la propria testimonianza. Le Pontificie Opere Missionarie sono lo strumento privilegiato per favorire questa cooperazione missionaria a livello spirituale e materiale. Per questo la raccolta di offerte della Giornata Missionaria Mondiale è dedicata alla Pontificia Opera della Propagazione della Fede.
L’urgenza dell’azione missionaria della Chiesa comporta naturalmente una cooperazione missionaria sempre più stretta di tutti i suoi membri ad ogni livello. Questo è un obiettivo essenziale del percorso sinodale che la Chiesa sta compiendo con le parole-chiave comunione, partecipazione, missione. Tale percorso non è sicuramente un piegarsi della Chiesa su sé stessa; non è un processo di sondaggio popolare per decidere, come in un parlamento, che cosa bisogna credere e praticare o no secondo le preferenze umane. È piuttosto un mettersi in cammino come i discepoli di Emmaus, ascoltando il Signore Risorto che sempre viene in mezzo a noi per spiegarci il senso delle Scritture e spezzare il Pane per noi, affinché possiamo portare avanti con la forza dello Spirito Santo la sua missione nel mondo.
Come quei due discepoli narrarono agli altri ciò che era accaduto lungo la via (cfr Lc 24,35), così anche il nostro annuncio sarà un raccontare gioioso il Cristo Signore, la sua vita, la sua passione, morte e risurrezione, le meraviglie che il suo amore ha compiuto nella nostra vita.
Ripartiamo dunque anche noi, illuminati dall’incontro con il Risorto e animati dal suo Spirito. Ripartiamo con cuori ardenti, occhi aperti, piedi in cammino, per far ardere altri cuori con la Parola di Dio, aprire altri occhi a Gesù Eucaristia, e invitare tutti a camminare insieme sulla via della pace e della salvezza che Dio in Cristo ha donato all’umanità.

Santa Maria del cammino, Madre dei discepoli missionari di Cristo e Regina delle missioni, prega per noi!

Roma, San Giovanni in Laterano, 6 gennaio 2023, Solennità dell’Epifania del Signore.

FRANCESCO

1 Ottobre 2023 – Preceduti dai ladri e dalle prostitute


La chiesa è chiusa per lavori di ristrutturazione.

Le SS. Messe e tutte le celebrazioni si svolgono presso l’Auditorium (Oratorio Parrocchiale – via Fratelli Cervi)

Orario SS. Messe:
Giorni feriali ore 18.30
Sabato e vigilia delle feste ore 19
Festivo ore 8.30, 10.30, 12, 18


Il sabato, dalle ore 10 alle ore 12, presso l’Auditorium,
Adorazione Eucaristica

In questo orario i preti sono a disposizione per celebrare il
Sacramento della Riconciliazione
Per celebrare il sacramento della Confessione è possibile anche contattare i preti:
Don Paolo 347 3002895 – Don Francesco  347 8804368

 


Chi dei due ha compiuto la volontà del Padre? (Mt 21,31)

La frase di Gesù, lanciata ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo, deve aver avuto l’effetto di uno schiaffo in piena faccia.

I pubblicani non vanno tanto per il sottile pur di far soldi. Assumono il ruolo dei collaborazionisti con il potere romano, vanno a spremere la povera gente pur di riscuotere una gran quantità di tributi.
Le prostitute hanno accettato di vendere il loro corpo per denaro e, per attirare clienti, non rinunciano a sedurre uomini sposati, minacciando così il loro matrimonio.
A fronte di queste due categorie stanno invece coloro che praticamente “vivono” nel Tempio e presiedono le liturgie, rivolgono costantemente a Dio le loro preghiere a nome di tutto il popolo e assicurano il governo religioso di Israele. Il solo paragone, dunque, può suonare offensivo!

Gesù però vede al di là delle apparenze… Riconosce gli sbagli dei primi, il peccato che ha devastato la loro esistenza, ma anche la conversione sincera che in certi casi ha letteralmente trasformato la loro vita. La loro generosità stride fortemente con la presunzione di quelli che credono la loro salvezza garantita, assicurata. Purtroppo le loro opere non coincidono con le loro dichiarazioni, le apparenze contrastano con la realtà…ed è questa che conta agli occhi di Dio.

Per Dio, infatti, non esistono situazioni di privilegio che permettono di vantare dei diritti. Ciò che conta è la risposta del cuore, i comportamenti, le scelte. Ecco perché la sentenza sbalordisce… È un avviso in piena regola a vegliare sul proprio cuore, sulla coerenza fra fede e vita, sull’impegno che mettiamo a vivere il Vangelo. Essere cristiani dal punto di vista anagrafico non à una sicurezza. Il Regno di Dio si costruisce sull’esistenza concreta dei discepoli.. Ed è meglio “essere cristiani senza dichiararlo, che dichiararlo senza esserlo”.

Nessun ruolo, nessun servizio sono di per sé un biglietto d’ingresso valido per partecipare alla gioia di Dio: conta piuttosto il modo in cui abbiamo onorato la responsabilità con il nostro comportamento.

24 Settembre 2023 – La logica di Dio


La chiesa è chiusa per lavori di ristrutturazione.

Le SS. Messe e tutte le celebrazioni si svolgono presso l’Auditorium (Oratorio Parrocchiale – via Fratelli Cervi)

Orario SS. Messe:

Giorni feriali ore 18.30
Sabato e vigilia delle feste ore 19
Festivo ore 8.30, 10.30, 12, 18


Il sabato, dalle ore 10 alle ore 12, presso l’Auditorium,
Adorazione Eucaristica

In questo orario i preti sono a disposizione per celebrare il
Sacramento della Riconciliazione

 


Per celebrare il sacramento della Confessione è possibile anche contattare i preti:
Don Paolo 347 3002895 – Don Francesco  347 8804368


Andate anche voi nella mia vigna! (Mt 20,4)

La parabola di questa domenica parla del Regno dei cieli e Gesù vuol far capire che funziona in un sistema molto diverso dal nostro.
A comandare, infatti, non è la logica della giustizia e dei diritti, ma quella dell’amore e del dono gratuito.

Nessuno si merita la gioia di Dio. Nessuno può affermare di averne diritto. Nessuno può presentarsi a Dio come un dipendente che esige il pagamento di quello che gli è dovuto…
A lavorare nella vigna si arriva a ore diverse…ma questo non dà titolo a pretendere di più. Perché? Perché la giustizia in ogni caso viene rispettata: il “contratto” viene onorato. Dio non disattende mai le sue promesse! In ogni caso, appare una realtà che dovrebbe far riflettere…

Il padrone della vigna agisce con bontà, non per interesse. Gli operai gli vorrebbero a costare molto di meno se applicasse la “logica sindacale”. In questo caso, infatti, chi ha lavorato un’ora soltanto avrebbe dovuto ricevere un dodicesimo di denaro, chi solo tre ore un quarto di denaro.
Dopo quest’ultimo ragionamento appare chiaro che se la giustizia non è disattesa, a ispirare un simile comportamento è la bontà, la generosità, il desiderio di dare felicità, rimettendoci di tasca propria.

Ecco spiegata la sentenza finale: “Così gli ultimi saranno i primi e i primi gli ultimi”. Il regno di Dio funziona secondo la logica dell’amore.
E’ un po’ come il figlio maggiore nella parabola del figliol prodigo. Ha obbedito sempre, ha lavorato, è rimasto in casa…ma non capisce suo padre e non è disposto a partecipare alla festa per il ritorno del fratello.