1 Ottobre 2023 – Preceduti dai ladri e dalle prostitute


La chiesa è chiusa per lavori di ristrutturazione.

Le SS. Messe e tutte le celebrazioni si svolgono presso l’Auditorium (Oratorio Parrocchiale – via Fratelli Cervi)

Orario SS. Messe:
Giorni feriali ore 18.30
Sabato e vigilia delle feste ore 19
Festivo ore 8.30, 10.30, 12, 18


Il sabato, dalle ore 10 alle ore 12, presso l’Auditorium,
Adorazione Eucaristica

In questo orario i preti sono a disposizione per celebrare il
Sacramento della Riconciliazione
Per celebrare il sacramento della Confessione è possibile anche contattare i preti:
Don Paolo 347 3002895 – Don Francesco  347 8804368

 


Chi dei due ha compiuto la volontà del Padre? (Mt 21,31)

La frase di Gesù, lanciata ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo, deve aver avuto l’effetto di uno schiaffo in piena faccia.

I pubblicani non vanno tanto per il sottile pur di far soldi. Assumono il ruolo dei collaborazionisti con il potere romano, vanno a spremere la povera gente pur di riscuotere una gran quantità di tributi.
Le prostitute hanno accettato di vendere il loro corpo per denaro e, per attirare clienti, non rinunciano a sedurre uomini sposati, minacciando così il loro matrimonio.
A fronte di queste due categorie stanno invece coloro che praticamente “vivono” nel Tempio e presiedono le liturgie, rivolgono costantemente a Dio le loro preghiere a nome di tutto il popolo e assicurano il governo religioso di Israele. Il solo paragone, dunque, può suonare offensivo!

Gesù però vede al di là delle apparenze… Riconosce gli sbagli dei primi, il peccato che ha devastato la loro esistenza, ma anche la conversione sincera che in certi casi ha letteralmente trasformato la loro vita. La loro generosità stride fortemente con la presunzione di quelli che credono la loro salvezza garantita, assicurata. Purtroppo le loro opere non coincidono con le loro dichiarazioni, le apparenze contrastano con la realtà…ed è questa che conta agli occhi di Dio.

Per Dio, infatti, non esistono situazioni di privilegio che permettono di vantare dei diritti. Ciò che conta è la risposta del cuore, i comportamenti, le scelte. Ecco perché la sentenza sbalordisce… È un avviso in piena regola a vegliare sul proprio cuore, sulla coerenza fra fede e vita, sull’impegno che mettiamo a vivere il Vangelo. Essere cristiani dal punto di vista anagrafico non à una sicurezza. Il Regno di Dio si costruisce sull’esistenza concreta dei discepoli.. Ed è meglio “essere cristiani senza dichiararlo, che dichiararlo senza esserlo”.

Nessun ruolo, nessun servizio sono di per sé un biglietto d’ingresso valido per partecipare alla gioia di Dio: conta piuttosto il modo in cui abbiamo onorato la responsabilità con il nostro comportamento.

24 Settembre 2023 – La logica di Dio


La chiesa è chiusa per lavori di ristrutturazione.

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Andate anche voi nella mia vigna! (Mt 20,4)

La parabola di questa domenica parla del Regno dei cieli e Gesù vuol far capire che funziona in un sistema molto diverso dal nostro.
A comandare, infatti, non è la logica della giustizia e dei diritti, ma quella dell’amore e del dono gratuito.

Nessuno si merita la gioia di Dio. Nessuno può affermare di averne diritto. Nessuno può presentarsi a Dio come un dipendente che esige il pagamento di quello che gli è dovuto…
A lavorare nella vigna si arriva a ore diverse…ma questo non dà titolo a pretendere di più. Perché? Perché la giustizia in ogni caso viene rispettata: il “contratto” viene onorato. Dio non disattende mai le sue promesse! In ogni caso, appare una realtà che dovrebbe far riflettere…

Il padrone della vigna agisce con bontà, non per interesse. Gli operai gli vorrebbero a costare molto di meno se applicasse la “logica sindacale”. In questo caso, infatti, chi ha lavorato un’ora soltanto avrebbe dovuto ricevere un dodicesimo di denaro, chi solo tre ore un quarto di denaro.
Dopo quest’ultimo ragionamento appare chiaro che se la giustizia non è disattesa, a ispirare un simile comportamento è la bontà, la generosità, il desiderio di dare felicità, rimettendoci di tasca propria.

Ecco spiegata la sentenza finale: “Così gli ultimi saranno i primi e i primi gli ultimi”. Il regno di Dio funziona secondo la logica dell’amore.
E’ un po’ come il figlio maggiore nella parabola del figliol prodigo. Ha obbedito sempre, ha lavorato, è rimasto in casa…ma non capisce suo padre e non è disposto a partecipare alla festa per il ritorno del fratello.

17 Settembre 2023 – Oggi devo fermarmi a casa tua


La chiesa è chiusa per lavori di ristrutturazione.

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 Dal 7 al 22 ottobre il nostro Vescovo Paolo farà la Visita Pastorale alle nostre parrocchie cittadine

 

 

Seconda parte della lettera del nostro Vescovo Paolo per l’indizione della Visita Pastorale

2. È il Signore!

La presenza di chiare finalità pastorali non deve trarre in inganno: la visita intende prima di tutto essere una profonda esperienza di Chiesa, cioè occasione di rinnovato incontro con Cristo nella comunità dei fratelli, radunata attorno al vescovo. Senza tale spessore spirituale essa si risolverebbe nel tentativo di una sorta di “riorganizzazione aziendale”, che ha poco a che fare con la natura e la missione del popolo di Dio.
È quindi necessario che tutti riconoscano e interpretino la visita pastorale come speciale espressione della vicinanza di Cristo pastore, che continua a rendersi presente nella Chiesa mediante gli apostoli e i loro successori: “Come il Padre ha mandato me, così anch’io mando voi” (Gv 20,21). Come
Gesù ha incontrato le folle e i singoli, così anche il vescovo desidera fermarsi nelle case, per accogliere e celebrare insieme il dono sorprendente della salvezza (cf. Lc 19, 1-10), incontrando la comunità cristiana che vive e prega, ma anche visitando i luoghi dove quotidianamente si lavora, si studia e ci si incontra. L’evangelizzazione esige infatti l’ascolto attento della realtà e la creazione di relazioni, perché il Vangelo possa venire proposto come risposta alle attese più profonde della vita degli uomini e delle donne del nostro tempo. “Chiunque voglia fare all’uomo d’oggi un discorso efficace su Dio, deve muovere dai problemi umani e tenerli sempre presenti nell’esporre il messaggio. È questa, del resto, l’esigenza
intrinseca per ogni discorso cristiano su Dio” (RdC 77).

3. Prepararsi nella preghiera

Raccomando di preparare e accompagnare questo itinerario del vescovo edella Diocesi con la preghiera personale e comunitaria, anche con l’aiuto della formula riportata a conclusione di questa lettera. Solo così il passaggio di Cristo Pastore, nella persona del vescovo, sarà occasione trasparente e feconda di grazia. Sarà utile, in questi anni, dedicarsi alla lettura continua delle due Lettere di San Paolo ai cristiani di Corinto, nelle quali ci è mostrata la vita di una comunità delle origini, con le sue fatiche e i suoi limiti, ma anche con l’entusiasmo e la convinzione di chi ha sperimentato la forza dello Spirito e si sente coinvolto nell’evangelizzazione di una grande città.

4. Il tema

Il tema della visita pastorale è tratto dal capitolo 19 del Vangelo di Luca: è la frase rivolta da Gesù a Zaccheo, il ricco pubblicano che, nel desiderio di vedere il Signore che passa, non esita ad arrampicarsi su un albero per ovviare alla sua bassa statura. L’auto-invito di Gesù, davvero sorprendente per diversi
motivi, riempie di gioia Zaccheo ed è per lui motivo per una sincera conversione.
Anche la visita pastorale è un auto-invito del vescovo: vorrebbe, allo stesso modo, suscitare non la preoccupazione di sentirsi giudicati o l’ansia di fare bella figura, ma la gioia di un incontro sorprendente che schiude inedite possibilità di rinnovamento personale e pastorale.

Una visita in quattro “fasi”

5.1. Fase dell’ascolto
La prima fase, detta “dell’ascolto”, ha lo scopo di elaborare un’immagine realistica della Comunità parrocchiale e del territorio in cui si trova a vivere e al quale è inviata; intende anche preparare il terreno a livello catechistico e spirituale. Costituisce la necessaria premessa di tutto ciò che si farà in seguito.
Si articola in due momenti.
Il momento preparatorio dovrà produrre una relazione che metta a fuoco i principali elementi di interesse (criticità e opportunità) per la vita e la missione della Chiesa, indicando alcune prospettive future. Al tempo stesso, in questo momento la comunità va preparata a ciò che accadrà in seguito, mediante una catechesi che riprenda l’ecclesiologia del Vaticano II e i documenti del Sinodo diocesano, e incontri di preghiera che dispongano i cuori alla partecipazione, al confronto e alla conversione, come
modalità di vivere ed edificare la Chiesa secondo il disegno di Dio.
5.2. Fase dell’incontro
La seconda fase, detta “dell’incontro” è quella intensiva/celebrativa: il vescovo trascorre alcune giornate nella Comunità parrocchiale, vivendo una serie di incontri e di celebrazioni.
Il vescovo dedicherà alla visita pastorale una media di quattro giornate per ciascuna comunità; in alcune realtà più complesse o più estese tale periodo potrà essere prolungato, avendo però cura di non duplicare gli appuntamenti e di privilegiare quelli maggiormente significativi in ordine alle finalità pastorali. La programmazione è affidata al Consiglio pastorale locale, in modo da adattarsi alle esigenze e alle particolarità del territorio. In ogni caso, non dovrebbero mancare i seguenti momenti.
Una celebrazione iniziale, con l’accoglienza del vescovo, una liturgia che coinvolga l’intera comunità e un semplice momento conviviale finale.
Incontri e celebrazioni che introducano il vescovo nella vita ordinaria della comunità, toccando se possibile tutte le Parrocchie e consentendo a giovani, famiglie, catechisti, volontari delle diverse associazioni… di dialogare con lui.
Uno spazio particolare può essere riservato agli infermi o i disabili, con qualche incontro personale con alcuni di loro. È anche necessario prevedere la possibilità, per chi lo desidera, di incontrare il vescovo personalmente, predisponendo un calendario di udienze in loco. È necessario infine prevedere altre modalità d’incontro con realtà del territorio, individuate in base alle caratteristiche della comunità. Un incontro di sintesi con il Consiglio pastorale ed eventualmente con i responsabili dei vari gruppi parrocchiali, nel quale condividere le difficoltà incontrate, ma anche le proposte nuove per dare un
volto più sinodale alla comunità. In questo incontro si possono individuare, per il progetto da elaborare, alcune idee che il vescovo potrà suggerire nella sua comunicazione finale. Una celebrazione finale dell’intera Comunità parrocchiale, nella quale rendere grazie a Dio per l’esperienza di Chiesa
vissuta insieme e ricevere una breve lettera del vescovo con alcuni stimoli per la fase successiva.
5.3. Fase del progetto
La terza fase, detta “del progetto”, è quella più innovativa: si tratta del tentativo di valorizzare la visita pastorale come occasione per un deciso passo in avanti delle comunità, che si traduce in un progetto da mettere in atto e nella scelta di alcune persone che si impegnano a mettersi al servizio di tale
processo. Si articola in momenti distinti.
Il momento di elaborazione è un tempo dedicato alla progettualità da parte del Consiglio pastorale: si riflette insieme sull’esperienza della visita e sulle indicazioni del vescovo, con lo scopo di elaborare un progetto pastorale di almeno di tre anni per la propria Comunità parrocchiale. Insieme alle cose che
si intende fare, è previsto che si indichino anche alcune persone disponibili per i ministeri ordinati o istituiti, o per altri incarichi.
Il momento di restituzione è un’assemblea nella quale viene proposto al vescovo il progetto pastorale. La data e il luogo vengono annunciati nella celebrazione finale della seconda fase, in modo che sia la più partecipata possibile. Il vescovo, ascoltato il contenuto del progetto, dialoga con i presenti, potendo suggerire alcuni aggiustamenti. Il testo finale viene stampato e consegnato alla comunità in una delle domeniche successive.

5.4. Fase dell’accompagnamento e della verifica
La quarta fase riguarda l’operatività del progetto triennale, nel quale vanno previste le modalità di accompagnamento della comunità per la sua attuazione, come la formazione degli operatori, la redazione di percorsi e cammini particolari, la gestione amministrativa… Questo processo coinvolge gli Uffici
pastorali diocesani nel sostenere tale lavoro sul territorio.
Trascorso almeno un intero anno pastorale, si svolge una prima verifica del cammino percorso, insieme ai convisitatori: il Consiglio pastorale presenta quanto realizzato e quanto ancora da realizzare, ricevendo suggerimenti e offerta di aiuto per gli aspetti da migliorare.

10 Settembre 2023 – Oggi devo fermarmi a casa tua


La chiesa è chiusa per lavori di ristrutturazione.

Le SS. Messe e tutte le celebrazioni si svolgono presso l’Auditorium (Oratorio Parrocchiale – via Fratelli Cervi)

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 Dal 7 al 22 ottobre il nostro Vescovo Paolo farà la Visita Pastorale alle nostre parrocchie cittadine

 

 

Ai fedeli laici, ai presbiteri, ai diaconi e ai consacrati dell’Arcidiocesi di Lucca.

Carissimi figli e fratelli
Avrei voluto da tempo compiere un atto – come la visita pastorale – che giudicai da subito necessario per poter conoscere il vasto territorio della Diocesi e incontrare il popolo di Dio che è in Lucca, nella ricca e varia articolazione delle sue comunità, ma la pandemia, scoppiata nove mesi dopo il mio arrivo, me lo aveva sinora impedito. Ora che l’emergenza si può dire conclusa, è giunto il momento tanto atteso di annunciare e iniziare questo cammino.
La visita pastorale quinquennale è richiesta dal diritto (cf. cann. 396-398 CJC) ed è una pratica consacrata da una tradizione plurisecolare per favorire il contatto tra vescovo e popolo; è anche servita, nella storia, ad accompagnare le comunità e le persone nei
momenti di riforma della Chiesa, quando l’esigenza di intraprendere nuovi percorsi e di adottare nuovi modelli ha avuto particolarmente bisogno di momenti di confronto, di discernimento e di correzione fraterna.
Con questa semplice lettera intendo condividere con voi le ragioni, lo stile e le modalità di attuazione della visita pastorale; ogni visita, infatti, collocandosi in un momento particolare del cammino di una Chiesa e del territorio in cui si trova a testimoniare il Vangelo, si caratterizza rispetto alle altre per un peculiare progetto.

Sono consapevole che essa non dipende solo dal mio impegno, ma dalla condivisione da parte dell’intero popolo di Dio delle motivazioni e delle finalità che si propone di conseguire e, ultimamente, dall’aiuto di Dio,che da tutti va sinceramente e umilmente invocato.
1 . Le finalità
Dal Sinodo del 1998 la diocesi di Lucca, per attuare il Concilio, si è impegnata in un complesso percorso di riforma ripensando le modalità del proprio essere e del proprio operare. Il magistero di tre Pontefici, il cammino della Chiesa italiana e l’evoluzione culturale, sociale e demografica del Paese, hanno ulteriormente precisato le coordinate di questo cammino, che ora deve compiere o perfezionare alcuni decisivi passaggi. Essi saranno altrettanti obiettivi per la visita pastorale, che ne dovrà verificare la comprensione e l’attuazione, accompagnando le comunità e le persone a compiere le scelte necessarie per viverli sempre meglio.
Una prima finalità riguarda le 33 Comunità parrocchiali e le due Chiese-nella-città di Lucca e Viareggio, previste dal Sinodo e configurate compiutamente nel 2020. La scelta di forte integrazione pastorale che esse esigono non è facile da definire e da attuare; nella visita, che si svolgerà proprio per Comunità parrocchiali, sarà importante confrontarsi sui problemi e individuare insieme le soluzioni più efficaci, anche in relazione a una migliore
distribuzione del clero e a un diverso assetto degli enti ecclesiastici.
Una seconda finalità riguarda la scelta missionaria cui le nostre comunità sono chiamate, lasciando la mentalità di conservazione per assumere la tensione a uscire verso il territorio, cioè verso i fratelli e le sorelle da incontrare, servire e attrarre all’amicizia con Gesù nella sua famiglia, che è la Chiesa. È un cambio di prospettiva che può disorientare, rispetto alla quale la visita pastorale potrà essere utile a individuare insieme le direzioni da imboccare, con particolare attenzione alle nuove generazioni.
Una terza finalità è relativa alla corresponsabilità dei laici e all’agire collegiale del clero, dinamiche entrambe decisive per il futuro: esse chiamano in causa il bisogno di formazione diffusa, la prospettiva dei ministeri laicali e il funzionamento degli organismi di partecipazione, cioè i Consigli pastorali e quelli per gli affari economici. Anche vivere una Chiesa sinodale comporta un certo cambiamento di mentalità, con relative resistenze e fughe in avanti. Nel corso della visita si potrà comprendere insieme cosa è meglio fare per crescere
nella partecipazione di tutti al comune cammino di Chiesa.
Una quarta finalità riguarda l’amministrazione dei beni. La nostra Chiesa ha un ingente patrimonio, ma spesso non riesce a utilizzarlo bene, né per finalità caritative, né per assicurare alle comunità spazi e risorse per l’attività pastorale. Per di più, alcune aree della Diocesi stanno conoscendo una costante riduzione di popolazione, per cui le dotazioni provenienti dal passato sono molto superiori al fabbisogno. La visita pastorale sarà un’occasione per domandarsi come gestire il patrimonio e come promuovere una prassi amministrativa affidata al laicato.
Una quinta e ultima finalità riguarda i luoghi di culto: a 60 anni dalla Sacrosanctum Concilium è necessario verificare se i presbitèri delle principali chiese rispondano ai criteri della Riforma liturgica; è anche doveroso controllare che sia garantita ai disabili la piena accessibilità, con dispositivi adeguati e stabili.

(1ª parte – continua)
(Dalla lettera di indizione della visita pastorale del nostro Vescovo Paolo)


PREGHIERA PER LA VISITA PASTORALE

(dalla Preghiera di Paolo VI per la visita pastorale nella diocesi di Roma, 1967)

Signore nostro Gesù Cristo
volto misericordioso e gioioso del Padre,
concedi a noi, fedeli della Diocesi di Lucca,
di comprendere e di accogliere il mistero di grazia
della visita del nostro vescovo e pastore.
Essa risvegli in noi il senso di appartenenza al popolo di Dio,
la consapevolezza della dignità e della missione dei cristiani,
la coscienza di essere membra vive, operose e sante
del corpo mistico di Cristo.
Fa’, Signore, che nella visita del vescovo
noi riconosciamo la tua visita, con lo stesso entusiasmo di Zaccheo.
Tu, infatti, vieni ad offrirci la salvezza di Dio,
che consola le nostre ferite, perdona i nostri peccati,
incoraggia le nostre stanchezze, corregge i nostri difetti,
suggerisce nuovi propositi per un impegno più serio
nell’edificazione della comunità,
nel servizio ai poveri e nella testimonianza missionaria.
Vieni dunque, o Signore, a visitarci
mediante il ministero di chi, nel tuo nome, ci è Pastore:
le nostre chiese, le nostre case, le nostre opere,
e soprattutto i nostri cuori ti sono aperti.
Manda su tutti noi il tuo Spirito, perché la sua luce e la sua forza
ci sostengano nel cammino verso il futuro.
E possa questa visita pastorale, per l’intercessione di Maria santissima,
dei santi e dei beati lucchesi e di tutti i patroni delle nostre comunità,
essere per noi pegno di un perenne incontro con te,
Signore, nel tempo e nell’eternità. Amen.

3 Settembre 2023 – Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso


La chiesa è chiusa per lavori di ristrutturazione.

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L’odierno brano evangelico (cfr Mt 16,21-27) è collegato a quello di domenica scorsa (cfr Mt 16,13-20). Dopo che Pietro, a nome anche degli altri discepoli, ha professato la fede in Gesù come Messia e Figlio di Dio, Gesù stesso incomincia a parlare loro della sua passione. Lungo il cammino verso Gerusalemme, spiega apertamente ai suoi amici ciò che lo attende alla fine nella città santa: preannuncia il suo mistero di morte e di risurrezione, di umiliazione e di gloria. Dice che dovrà «soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno» (Mt 16,21). Ma le sue parole non sono comprese, perché i discepoli hanno una fede ancora immatura e troppo legata alla mentalità di questo mondo (cfr Rm 12,2). Loro pensano a una vittoria troppo terrena, e per questo non capiscono il linguaggio della croce.

Di fronte alla prospettiva che Gesù possa fallire e morire in croce, lo stesso Pietro si ribella e gli dice: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai!» (v. 22). Crede in Gesù – Pietro è così – ha fede, crede in Gesù, crede; lo vuole seguire, ma non accetta che la sua gloria passi attraverso la passione. Per Pietro e gli altri discepoli – ma anche per noi! – la croce è una cosa scomoda, la croce è uno “scandalo”, mentre Gesù considera “scandalo” il fuggire dalla croce, che vorrebbe dire sottrarsi alla volontà del Padre, alla missione che Lui gli ha affidato per la nostra salvezza. Per questo Gesù risponde a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!» (v. 23). Dieci minuti prima, Gesù ha lodato Pietro, gli ha promesso di essere la base della sua Chiesa, il fondamento; dieci minuti dopo gli dice “Satana”. Come mai si capisce questo? Succede a tutti noi! Nei momenti di devozione, di fervore, di buona volontà, di vicinanza al prossimo, guardiamo Gesù e andiamo avanti; ma nei momenti in cui viene incontro la croce, fuggiamo. Il diavolo, Satana – come dice Gesù a Pietro – ci tenta. È proprio del cattivo spirito, è proprio del diavolo allontanarci dalla croce, dalla croce di Gesù.

Rivolgendosi poi a tutti, Gesù aggiunge: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi sé stesso, prenda la sua croce e mi segua» (v. 24). In questo modo Egli indica la via del vero discepolo, mostrando due atteggiamenti. Il primo è «rinunciare a sé stessi», che non significa un cambiamento superficiale, ma una conversione, un capovolgimento di mentalità e di valori. L’altro atteggiamento è quello di prendere la propria croce. Non si tratta solo di sopportare con pazienza le tribolazioni quotidiane, ma di portare con fede e responsabilità quella parte di fatica, quella parte di sofferenza che la lotta contro il male comporta. La vita dei cristiani è sempre una lotta. La Bibbia dice che la vita del credente è una milizia: lottare contro il cattivo spirito, lottare contro il Male.

Così l’impegno di “prendere la croce” diventa partecipazione con Cristo alla salvezza del mondo. Pensando a questo, facciamo in modo che la croce appesa alla parete di casa, o quella piccola che portiamo al collo, sia segno del nostro desiderio di unirci a Cristo nel servire con amore i fratelli, specialmente i più piccoli e fragili. La croce è segno santo dell’Amore di Dio, è segno del Sacrificio di Gesù, e non va ridotta a oggetto scaramantico oppure a monile ornamentale. Ogni volta che fissiamo lo sguardo sull’immagine di Cristo crocifisso, pensiamo che Lui, come vero Servo del Signore, ha realizzato la sua missione dando la vita, versando il suo sangue per la remissione dei peccati. E non lasciamoci portare dall’altra parte, nella tentazione del Maligno. Di conseguenza, se vogliamo essere suoi discepoli, siamo chiamati a imitarlo, spendendo senza riserve la nostra vita per amore di Dio e del prossimo.

La Vergine Maria, unita al suo Figlio fino al calvario, ci aiuti a non indietreggiare di fronte alle prove e alle sofferenze che la testimonianza del Vangelo comporta per tutti noi.

Papa Francesco, Angelus del 30 agosto 2020

27 Agosto 2023 – A te darò le chiavi del regno dei cieli


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Il Vangelo di questa domenica (cfr Mt 16,13-20) presenta il momento nel quale Pietro professa la sua fede in Gesù quale Messia e Figlio di Dio. Questa confessione dell’Apostolo è provocata da Gesù stesso, che vuole condurre i suoi discepoli a fare il passo decisivo nella loro relazione con Lui. Infatti, tutto il cammino di Gesù con quelli che lo seguono, specialmente con i Dodici, è un cammino di educazione della loro fede. Prima di tutto Egli chiede: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?» (v. 13). Agli apostoli piaceva parlare della gente, come a tutti noi. Il pettegolezzo piace. Parlare degli altri non è tanto impegnativo, per questo, perché ci piace; anche “spellare” gli altri. In questo caso è già richiesta la prospettiva della fede e non il pettegolezzo, cioè chiede: “Che cosa dice la gente che io sia?”. E i discepoli sembrano fare a gara nel riferire le diverse opinioni, che forse in larga parte essi stessi condividevano. Loro stessi condividevano. In sostanza, Gesù di Nazaret era considerato un profeta (v. 14).

Con la seconda domanda, Gesù li tocca sul vivo: «Ma voi, chi dite che io sia?» (v. 15). A questo punto, ci sembra di percepire qualche istante di silenzio, perché ciascuno dei presenti è chiamato a mettersi in gioco, manifestando il motivo per cui segue Gesù; per questo è più che legittima una certa esitazione. Anche se io adesso domandassi a voi: “Per te, chi è Gesù?”, ci sarà un po’ di esitazione. Li toglie d’imbarazzo Simone, che con slancio dichiara: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (v. 16). Questa risposta, così piena e luminosa, non gli viene dal suo impulso, per quanto generoso – Pietro era generoso –, ma è frutto di una grazia particolare del Padre celeste. Gesù stesso infatti gli dice: «Né carne né sangue te lo hanno rivelato – cioè la cultura, quello che hai studiato – no, questo non te l’ha rivelato. Te lo ha rivelato il Padre mio che è nei cieli» (v. 17). Confessare Gesù è una grazia del Padre. Dire che Gesù è il Figlio di Dio vivo, che è il Redentore, è una grazia che noi dobbiamo chiedere: “Padre, dammi la grazia di confessare Gesù”. Nello stesso tempo, il Signore riconosce la pronta corrispondenza di Simone all’ispirazione della grazia e quindi aggiunge, in tono solenne: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa» (v. 18). Con questa affermazione, Gesù fa capire a Simone il senso del nuovo nome che gli ha dato, “Pietro”: la fede che ha appena manifestato è la “pietra” incrollabile sulla quale il Figlio di Dio vuole costruire la sua Chiesa, cioè la Comunità. E la Chiesa va avanti sempre sulla fede di Pietro, su quella fede che Gesù riconosce [in Pietro] e lo fa capo della Chiesa.

Oggi, sentiamo rivolta a ciascuno di noi la domanda di Gesù: “E voi, chi dite che io sia?”. A ognuno di noi. E ognuno di noi deve dare una risposta non teorica, ma che coinvolge la fede, cioè la vita, perché la fede è vita! “Per me tu sei …”, e dire la confessione di Gesù. Una risposta che richiede anche a noi, come ai primi discepoli, l’ascolto interiore della voce del Padre e la consonanza con quello che la Chiesa, raccolta attorno a Pietro, continua a proclamare. Si tratta di capire chi è per noi Cristo: se Lui è il centro della nostra vita, se Lui è il fine di ogni nostro impegno nella Chiesa, del nostro impegno nella società. Chi è Gesù Cristo per me? Chi è Gesù Cristo per te, per te, per te… Una risposta che noi dovremmo dare ogni giorno.

Ma state attenti: è indispensabile e lodevole che la pastorale delle nostre comunità sia aperta alle tante povertà ed emergenze che sono dappertutto. La carità sempre è la via maestra del cammino di fede, della perfezione della fede. Ma è necessario che le opere di solidarietà, le opere di carità che noi facciamo, non distolgano dal contatto con il Signore Gesù. La carità cristiana non è semplice filantropia ma, da una parte, è guardare l’altro con gli occhi stessi di Gesù e, dall’altra parte, è vedere Gesù nel volto del povero. Questa è la strada vera della carità cristiana, con Gesù al centro, sempre. Maria Santissima, beata perché ha creduto, ci sia guida e modello nel cammino della fede in Cristo, e ci renda consapevoli che la fiducia in Lui dà senso pieno alla nostra carità e a tutta la nostra esistenza.

(Papa Francesco, Angelus 23 agosto 2020)

20 Agosto 2023 – Donna, grande è la tua fede!


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Il Vangelo di questa domenica (cfr Mt 15,21-28) descrive l’incontro tra Gesù e una donna cananea. Gesù si trova a nord della Galilea, in territorio straniero per stare con i suoi discepoli un po’ lontano dalle folle, che lo cercano sempre più numerose. Ed ecco avvicinarsi una donna che implora aiuto per la figlia malata: «Pietà di me, Signore!» (v. 22). È il grido che nasce da una vita segnata dalla sofferenza, dal senso di impotenza di una mamma che vede la figlia tormentata dal male e non può guarirla. Gesù inizialmente la ignora, ma questa madre insiste, insiste, anche quando il Maestro dice ai discepoli che la sua missione è rivolta soltanto alle «pecore perdute della casa d’Israele» (v. 24) e non ai pagani. Lei continua a supplicarlo, e Lui, a questo punto, la mette alla prova citando un proverbio – sembra quasi un po’ crudele questo -: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini» (v. 26). E la donna subito, svelta, angosciata risponde: «È vero, Signore, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni» (v. 27).

Con queste parole questa madre dimostra di aver intuito che la bontà del Dio Altissimo, presente in Gesù, è aperta ad ogni necessità delle sue creature. Questa saggezza piena di fiducia colpisce il cuore di Gesù e gli strappa parole di ammirazione: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri» (v. 28). Quale è la fede grande? La fede grande è quella che porta la propria storia, segnata anche dalle ferite, ai piedi del Signore domandando a Lui di guarirla, di darle un senso. Ognuno di noi ha la propria storia e non sempre è una storia pulita; tante volte è una storia difficile, con tanti dolori, tanti guai e tanti peccati. Cosa faccio, io, con la mia storia? La nascondo? No! Dobbiamo portarla davanti al Signore: “Signore, se Tu vuoi, puoi guarirmi!”. Questo è quello che ci insegna questa donna, questa brava madre: il coraggio di portare la propria storia di dolore davanti a Dio, davanti a Gesù; toccare la tenerezza di Dio, la tenerezza di Gesù. Facciamo, noi, la prova di questa storia, di questa preghiera: ognuno pensi alla propria storia. Sempre ci sono delle cose brutte in una storia, sempre. Andiamo da Gesù, bussiamo al cuore di Gesù e diciamoGli: “Signore, se Tu voi, puoi guarirmi!”. E noi potremo fare questo se abbiamo sempre davanti a noi il volto di Gesù, se noi capiamo come è il cuore di Cristo: un cuore che ha compassione, che porta su di sé i nostri dolori, che porta su di sé i nostri peccati, i nostri sbagli, i nostri fallimenti.

Ma è un cuore che ci ama così, come siamo, senza trucco. “Signore, se Tu vuoi, puoi guarirmi!”. E per questo è necessario capire Gesù, avere familiarità con Gesù. E torno sempre al consiglio che vi do: portate sempre un piccolo Vangelo tascabile e leggete ogni giorno un passo. Portate il Vangelo: nella borsa, nella tasca e anche nel telefonino, per vedere Gesù. E lì troverete Gesù come Lui è, come si presenta; troverete Gesù che ci ama, che ci ama tanto, che ci vuole tanto bene. Ricordiamo la preghiera: “Signore, se Tu vuoi, puoi guarirmi!”. Bella preghiera. Il Signore ci aiuti, tutti noi, a pregare queste bella preghiera che ci insegna una donna pagana: non cristiana, non ebrea, ma pagana.

La Vergine Maria interceda con la sua preghiera, perché cresca in ogni battezzato la gioia della fede e il desiderio di comunicarla con la testimonianza di una vita coerente, che ci dia il coraggio di avvicinarci a Gesù e dirGli: “Signore, se Tu vuoi, puoi guarirmi!”.

(Papa Francesco, Angelus 16 agosto 2020)

13 Agosto 2023 – Comandami di venire verso di te sulle acque


La chiesa è chiusa per lavori di ristrutturazione.

Le SS. Messe e tutte le celebrazioni si svolgono presso l’auditorium (Oratorio Parrocchiale – via Fratelli Cervi)

Orario SS. Messe:

Giorni feriali ore 18.30

Sabato e vigilia delle feste ore 19 – Festivo ore 8.30, 10.30, 12, 18

Per celebrare il sacramento della Confessione e contattare i preti:
Don Paolo 347 3002895
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Il brano evangelico di questa domenica (cfr Mt 14,22-33) narra di Gesù che cammina sulle acque del lago in tempesta. Dopo aver sfamato le folle con cinque pani e due pesci, Gesù ordina ai discepoli di salire sulla barca e ritornare all’altra riva. Lui congeda la gente e poi sale sulla collina, da solo, a pregare. Si immerge nella comunione con il Padre.
Durante la traversata notturna del lago, la barca dei discepoli rimane bloccata da un’improvvisa tempesta di vento. Questo è abituale, sul lago. A un certo punto, essi vedono qualcuno che cammina sulle acque venendo verso di loro. Sconvolti pensano sia un fantasma e gridano per la paura. Gesù li rassicura: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». Pietro allora – Pietro, che era così deciso – risponde: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». Una sfida. E Gesù gli dice: «Vieni!». Pietro scende dalla barca e fa alcuni passi; poi il vento e le onde lo spaventano e comincia ad affondare. «Signore, salvami!», grida, e Gesù lo afferra per la mano e gli dice: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?».

Questo racconto è un invito ad abbandonarci con fiducia a Dio in ogni momento della nostra vita, specialmente nel momento della prova e del turbamento. Quando sentiamo forte il dubbio e la paura ci sembra di affondare, nei momenti difficili della vita, dove tutto diventa buio, non dobbiamo vergognarci di gridare, come Pietro: «Signore, salvami!» (v. 30). Bussare al cuore di Dio, al cuore di Gesù: «Signore, salvami!». È una bella preghiera. Possiamo ripeterla tante volte: «Signore, salvami!». E il gesto di Gesù, che subito tende la sua mano e afferra quella del suo amico, va contemplato a lungo: Gesù è questo, Gesù fa questo, Gesù è la mano del Padre che mai ci abbandona; la mano forte e fedele del Padre, che vuole sempre e solo il nostro bene. Dio non è il grande rumore, Dio non è l’uragano, non è l’incendio, non è il terremoto – come ricorda oggi anche il racconto sul profeta Elia –; Dio è la brezza leggera – letteralmente dice così: è quel “filo di silenzio sonoro” – che non si impone ma chiede di ascoltare (cfr 1 Re 19,11-13). Avere fede vuol dire, in mezzo alla tempesta, tenere il cuore rivolto a Dio, al suo amore, alla sua tenerezza di Padre. Gesù, questo voleva insegnare a Pietro e ai discepoli, e anche a noi oggi. Nei momenti bui, nei momenti di tristezza, Lui sa bene che la nostra fede è povera – tutti noi siamo gente di poca fede, tutti noi, anch’io, tutti – e che il nostro cammino può essere travagliato, bloccato da forze avverse. Ma Lui è il Risorto! Non dimentichiamo questo: Lui è il Signore che ha attraversato la morte per portarci in salvo. Ancora prima che noi cominciamo a cercarlo, Lui è presente accanto a noi. E rialzandoci dalle nostre cadute, ci fa crescere nella fede. Forse noi, nel buio, gridiamo: “Signore! Signore!”, pensando che sia lontano. E Lui dice: “Sono qui!”. Ah, era con me! Così è il Signore.

La barca in balia della tempesta è immagine della Chiesa, che in ogni epoca incontra venti contrari, a volte prove molto dure: pensiamo a certe lunghe e accanite persecuzioni del secolo scorso, e anche oggi, in alcune parti. In quei frangenti, può avere la tentazione di pensare che Dio l’abbia abbandonata. Ma in realtà è proprio in quei momenti che risplende maggiormente la testimonianza della fede, la testimonianza dell’amore, la testimonianza della speranza. È la presenza di Cristo risorto nella sua Chiesa che dona la grazia della testimonianza fino al martirio, da cui germogliano nuovi cristiani e frutti di riconciliazione e di pace per il mondo intero.

L’intercessione di Maria ci aiuti a perseverare nella fede e nell’amore fraterno, quando il buio e le tempeste della vita mettono in crisi la nostra fiducia in Dio.

(Papa Francesco, Angelus 9 agosto 2020)

6 Agosto 2023 – Il suo volto brillò come il sole


La chiesa è chiusa per lavori di ristrutturazione.

Le SS. Messe e tutte le celebrazioni si svolgono presso l’auditorium (Oratorio Parrocchiale – via Fratelli Cervi)

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Giorni feriali ore 18.30

Sabato e vigilia delle feste ore 19 – Festivo ore 8.30, 10.30, 12, 18

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L. e F. Memmi – Trasfigurazione

 

Il Vangelo di questa domenica (cfr Mt 17,1-9) ci presenta il racconto della Trasfigurazione di Gesù. Egli prende con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e sale su un monte alto, simbolo della vicinanza con Dio, per aprirli ad una comprensione più piena del mistero della sua persona, che dovrà soffrire, morire e poi risorgere. Infatti, Gesù aveva iniziato a parlare loro delle sofferenze, della morte e della risurrezione che lo attendevano, ma essi non potevano accettare quella prospettiva. Per questo, giunti in cima al monte, Gesù si immerge in preghiera e si trasfigura davanti ai tre discepoli: «il suo volto – dice il Vangelo – brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce» (v. 2).
Attraverso l’evento meraviglioso della Trasfigurazione, i tre discepoli sono chiamati a riconoscere in Gesù il Figlio di Dio splendente di gloria. Essi avanzano così nella conoscenza del loro Maestro, rendendosi conto che l’aspetto umano non esprime tutta la sua realtà; ai loro occhi è rivelata la dimensione ultraterrena e divina di Gesù. E dall’alto risuona una voce che dice: «Questi è il Figlio mio, l’amato […]. Ascoltatelo» (v. 5). È il Padre celeste che conferma l’“investitura” – chiamiamola così – di Gesù già fatta nel giorno del battesimo al Giordano e invita i discepoli ad ascoltarlo e seguirlo.
Va sottolineato che, in mezzo al gruppo dei Dodici, Gesù sceglie di portare con sé sul monte Pietro, Giacomo e Giovanni. Riserva a loro il privilegio di assistere alla trasfigurazione. Ma perché fa questa elezione di questi tre? Perché sono i più santi? No. Eppure Pietro, nell’ora della prova, lo rinnegherà; e i due fratelli Giacomo e Giovanni chiederanno di avere i primi posti nel suo regno (cfr Mt 20,20-23). Gesù però non sceglie secondo i nostri criteri, ma secondo il suo disegno di amore. L’amore di Gesù non ha misura: è amore, e Lui sceglie con quel disegno di amore. Si tratta di una scelta gratuita, incondizionata, un’iniziativa libera, un’amicizia divina che non chiede nulla in cambio. E come chiamò quei tre discepoli, così anche oggi chiama alcuni a stargli vicino, per poter testimoniare. Essere testimoni di Gesù è un dono che non abbiamo meritato: ci sentiamo inadeguati, ma non possiamo tirarci indietro con la scusa della nostra incapacità.
Noi non siamo stati sul monte Tabor, non abbiamo visto con i nostri occhi il volto di Gesù brillare come il sole. Tuttavia, a noi pure è stata consegnata la Parola di salvezza, è stata donata la fede e abbiamo sperimentato, in forme diverse, la gioia dell’incontro con Gesù. Anche a noi Gesù dice: «Alzatevi e non temete» (Mt 17,7). In questo mondo, segnato dall’egoismo e dall’avidità, la luce di Dio è offuscata dalle preoccupazioni del quotidiano. Diciamo spesso: non ho tempo per pregare, non sono capace di svolgere un servizio in parrocchia, di rispondere alle richieste degli altri… Ma non dobbiamo dimenticare che il Battesimo che abbiamo ricevuto ci ha fatto testimoni, non per nostra capacità, ma per il dono dello Spirito.
(Papa Francesco, Angelus 8 marzo 2020)

30 Luglio 2023 – Un tesoro che rinnova la vita


La chiesa è chiusa per lavori di ristrutturazione.

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Il Vangelo di questa domenica (cfr Mt 13,44-52) corrisponde agli ultimi versetti del capitolo che Matteo dedica alle parabole del Regno dei cieli. Il brano comprende tre parabole appena abbozzate e brevissime: quella del tesoro nascosto, quella della perla preziosa e quella della rete gettata in mare.

Mi soffermo sulle prime due nelle quali il Regno dei cieli viene assimilato a due diverse realtà «preziose», ossia il tesoro nascosto nel campo e la perla di grande valore. La reazione di colui che trova la perla o il tesoro è praticamente uguale: l’uomo e il mercante vendono tutto per acquistare ciò che ormai sta loro più a cuore. Con queste due similitudini, Gesù si propone di coinvolgerci nella costruzione del Regno dei cieli, presentando una caratteristica essenziale della vita cristiana, della vita del Regno dei cieli: aderiscono pienamente al Regno coloro che sono disposti a giocarsi tutto, che sono coraggiosi. Infatti, sia l’uomo sia il mercante delle due parabole vendono tutto quello che hanno, abbandonando così le loro sicurezze materiali. Da ciò si capisce che la costruzione del Regno esige non solo la grazia di Dio, ma anche la disponibilità attiva dell’uomo. Tutto fa la grazia, tutto! Da parte nostra soltanto la disponibilità a riceverla, non la resistenza alla grazia: la grazia fa tutto ma ci vuole la “mia” responsabilità, la “mia” disponibilità.

I gesti di quell’uomo e del mercante che vanno in cerca, privandosi dei propri beni, per comprare realtà più preziose, sono gesti decisi, sono gesti radicali, direi soltanto di andata, non di andata e ritorno: sono gesti di andata. E, per di più, compiuti con gioia perché entrambi hanno trovato il tesoro. Siamo chiamati ad assumere l’atteggiamento di questi due personaggi evangelici, diventando anche noi cercatori sanamente inquieti del Regno dei cieli. Si tratta di abbandonare il fardello pesante delle nostre sicurezze mondane che ci impediscono la ricerca e la costruzione del Regno: la bramosia di possedere, la sete di guadagno e di potere, il pensare solo a noi stessi.

Ai nostri giorni, tutti lo sappiamo, la vita di alcuni può risultare mediocre e spenta perché probabilmente non sono andati alla ricerca di un vero tesoro: si sono accontentati di cose attraenti ma effimere, di bagliori luccicanti ma illusori perché lasciano poi al buio. Invece la luce del Regno non è un fuoco di artificio, è luce: il fuoco di artificio dura soltanto un istante, la luce del Regno ci accompagna per tutta la vita.

Il Regno dei cieli è il contrario delle cose superflue che offre il mondo, è il contrario di una vita banale: esso è un tesoro che rinnova la vita tutti i giorni e la dilata verso orizzonti più vasti. Infatti, chi ha trovato questo tesoro ha un cuore creativo e cercatore, che non ripete ma inventa, tracciando e percorrendo strade nuove, che ci portano ad amare Dio, ad amare gli altri, ad amare veramente noi stessi. Il segno di coloro che camminano su questa strada del Regno è la creatività, sempre cercando di più. E la creatività è quella che prende la vita e dà la vita, e dà, e dà, e dà… Sempre cerca tanti modi diversi di dare la vita.

Gesù, lui che è il tesoro nascosto e la perla di grande valore, non può che suscitare la gioia, tutta la gioia del mondo: la gioia di scoprire un senso per la propria vita, la gioia di sentirla impegnata nell’avventura della santità.

La Vergine Santa ci aiuti a ricercare ogni giorno il tesoro del Regno dei cieli, affinché nelle nostre parole e nei nostri gesti si manifesti l’amore che Dio ci ha donato mediante Gesù.

(Papa Francesco, Angelus 26 luglio 2020)