30 Aprile 2023 – La voce del Pastore

Ravenna, Mausoleo di Galla Placidia, Buon pastore (mosaico prima metà del V secolo)

 

Il rapporto che Gesù Risorto desidera instaurare con ognuno di noi non è una realtà generica, che raggiunge tutti in modo indistinto. Gesù cerca una relazione personale, ecco perché il Vangelo di oggi sottolinea il ruolo della sua “voce”. Non si tratta solo di un messaggio, di un discorso, di parole: è la sua voce che ognuno è invitato a riconoscere e seguire, una voce che ha un timbro inconfondibile e che si rivolge a ognuno di noi, chiamandoci per nome.

Per intendere questa voce bisogna che ci sia un minimo di silenzio. Non può essere distinta, infatti, in mezzo al baccano e al chiasso. Ci vuole silenzio perché essa si faccia sentire nitidamente. Occorre essere in atteggiamento di ascolto per non perdere nulla di quanto viene proferito, per accogliere subito ciò che il pastore dice al discepolo.

E’ però decisivo, allora, seguirlo, mettere i nostri passi sui suoi, rischiare la nostra esistenza dietro a lui, facendo le sue tesse scelte accettando di affrontare anche noi gli ostacoli che si frappongono.

Non è casuale che proprio questa domenica la Chiesa celebri la Giornata di preghiera per le vocazioni. In effetti, al fondo di ogni chiamata ci sono proprio queste esperienze, che segnano tutta l’esistenza di un cristiano e lo inducono a cercare non il proprio tornaconto, non i propri interessi, ma un ruolo che implica il dono, il servizio, l’offerta di sé. Sono queste esperienze che sostengono il cammino di una vocazione, perché cercare il progetto di Dio non è una operazione che avviene solo in un momento magico, ma esige la costanza e la perseveranza. Lo slancio delle origini non può venir meno per esaurimento. L’impegno domanda di essere sostenuto da una relazione che innerva le decisioni e le scelte di ogni giorno. Altrimenti la routine fa scivolare facilmente nella ripetizione stanca di gesti e di parole che perdono il loro senso. Tutto si regge sulla percezione di un amore che ci raggiunge lì dove siamo, nella nostra concreta situazione, con le nostre fragilità e debolezze, con le nostre infedeltà e il nostro peccato.

Quest’amore è, di volta in volta, un amore tenero ed esigente, compassionevole e determinato, perché sa coniugare la verità con la giustizia e la misericordia. Accogliere quest’amore vuol dire far cadere le nostre difese ed abbandonarci interamente a colui che solo riesce a colmare di senso la nostra esistenza. Accogliere quest’amore conduce a rispondere “all’amore con l’amore” e quindi ad accettare anche la strada disagevole che comporta il sacrificio di se stessi, la sofferenza, la croce.

La risposta che il discepolo dà con tutta la sua esistenza rimane inspiegabile se non all’interno di questa logica. Non si può rendere ragione dell’amore se non se ne colgono gli aspetti fondamentali, l’origine e le conseguenze che esso provoca. Ciò che risulta eccessivo è comprensibile quando ci si è imbattuti in un dono smisurato, che sfugge a ogni limite. Ciò che sembra, a prima vista, contrario alla razionalità, appare come l’unico atteggiamento adatto per ricambiare – almeno in qualche modo – quanto si è ricevuto in sovrabbondanza.

Senza l’incontro con il Pastore che dà la vita, senza l’ascolto della sua voce, non si capisce chi lo segue per la via esigente e gioiosa da lui tracciata.

23 Aprile 2023 – Lungo la via

Duccio Da Boninsegna – I discepoli di Emmaus

 

È lungo la via, mentre sono in cammino, che quei due discepoli compiono un’esperienza che lascia il segno. Percorrono la loro strada con il cuore gonfio di tristezza perché hanno patito una cocente delusione. Si allontanano da Gerusalemme perché è proprio lì che è stata uccisa la loro speranza. Hanno creduto in Gesù, nel suo messaggio, nel mondo nuovo di cui ha parlato.
Ma ora Gesù è da tre giorni nel sepolcro: catturato dalla polizia nel tempio, giudicato con un breve processo dal sinedrio, condannato a morte dal procuratore, è finito sulla croce. Nulla sembra poter strapparli a questo stato d’animo, neppure l’annuncio portato dalle donne all’alba di quel giorno. Ora la realtà li costringe a tenere i piedi ben piantati per terra: “lui non l’hanno visto”. Ecco cosa si sente dire quel viandante che si è accostato a loro e ha chiesto di partecipare ai loro discorsi.

Ed è proprio da lì che egli parte per condurli, mentre i piedi li portano a Emmaus, per un altro viaggio, questa volta nelle scritture. Il confronto con l’Antico Testamento nasce da quell’interrogativo che si portano dentro: perché? Perché è accaduto tutto questo? “Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?”

La passione e la morte di Gesù si trasformano, da avvenimento in un punto di passaggio obbligato per arrivare alla gloria. Quelle parole hanno il potere di riscaldare il loro cuore: mentre guardano gli avvenimenti dolorosi degli ultimi giorni con occhi diversi, ritrovano la speranza e la fiducia in Gesù. Così quando egli si ferma e spezza il pane, finalmente i loro occhi si aprono: quel pane è la sua esistenza, spezzata per la vita del mondo, perché il male e il peccato subissero una sconfitta decisiva e fosse donata a tutti la possibilità di una vita nuova.

16 Aprile 2023 – Il percorso di Tommaso

Caravaggio – Incredulità di S. Tommaso

 

Se non vedo…io non credo (Giovanni 20,25)

 

Come ogni anno, la seconda domenica di Pasqua veniamo invitati a compiere lo stesso percorso di Tommaso per passare dall’incredulità alla fede, dal bisogno di vedere e di toccare al riconoscimento di quella relazione unica che ci lega a Gesù. Dobbiamo dirlo subito: Tommaso non corrisponde affatto a quella “macchietta” che ne ha fatto la tradizione popolare. E la sua non è l’obiezione dello spirito positivista che crede solo a quello che cade sotto i sensi. La sua “fatica” è ben altra. E nasce proprio dal dramma che ha vissuto e del quale non riesce a rendersi ragione.

La gioia degli altri apostoli contrasta con il suo atteggiamento, forse perché egli porta ancora le ferite ed il dolore di quel venerdì che non può dimenticare: Gesù, il Maestro, catturato e condannato, flagellato e inchiodato alla croce, morto dopo una breve agonia e deposto in un sepolcro. Tutto questo non può essere rimpiazzato da una gioia che sembra quasi cancellare il dramma che è appena accaduto.In definitiva, lui, Tommaso, non vuole essere vittima di abbagli, non vuole cadere in un’illusione che lascerà poi il posto a una delusione ancor più cocente.

Se dunque veramente il Risorto è colui che è stato crocifisso, se è venuto il momento di terminare il lutto e di rallegrarsi, allora egli vuole toccare con mano i segni di quella passione che l’ha fatto soffrire in modo indicibile. Del resto, bisogna riconoscerlo, Gesù stesso, quando appare ai suoi, compie un gesto del tutto naturale per manifestare la sua identità: “mostrò le loro mani e il costato”. La passione e la morte non sono dunque un episodio da liquidare in modo affrettato e sbrigativo, come un capitolo poco glorioso, un incidente di percorso.
Il risorto porta i segni di quel passaggio terribile che è la ragione di quella signoria che egli ora esercita sulla storia. Colui che è nella gloria è il servo che ha accettato di portare i peccati di tutti.

E’ questo il tornante decisivo per giungere alla fede pasquale: accettare che la passione e la morte siano state il tunnel doloroso per giungere alla gioia, lasciarsi alle spalle la sensazione amara di fallimento e di insuccesso e aprirsi all’azione di Dio che ha pronunciato l’ultima parola sulla testimonianza del Figlio Gesù. Per compiere questa tappa Tommaso ha bisogno di incontrare Gesù. E in effetti, stando al racconto evangelico, sembra che poi egli non abbia toccato, ma gli sia bastata la presenza, la parola di Gesù, l’averlo visto.
Da lui, Tommaso, esce a questo punto la professione di fede che rappresenta una pietra miliare nella storia della comunità cristiana: “Mio Signore e mio Dio!”.
Ancora una volta l’apostolo ci stupisce per quello che riesce a esprimere in poche parole.
Non la dichiarazione di una verità, ma lo slancio, senza alcuna remora, per vivere un rapporto unico con Gesù, un legame nuovo che trasforma l’esistenza.

9 Aprile 2023 – L’amore che sfida la notte

Giotto – Resurrezione di Cristo

 

A partire dalla Domenica delle Palme abbiamo accompagnato Gesù nel suo affidamento alle mani del Padre; ci siamo fatti compagni di cammino di Giuda e con lui abbiamo riconosciuto di essere soltanto dei poveri uomini; ci siamo poi riconosciuti in Pilato per la cui indifferenza l’acqua del catino è sempre a temperatura giusta; ci siamo rivisti in Pietro, colui che riserva per sé sempre una via di sicurezza; ci siamo rispecchiati in Simone di Cirene che impara a seguire Gesù per amore dopo averlo fatto per forza; ci siamo riletti nella Veronica, il cui gesto di asciugare il volto dona una brezza di gratuità in un momento drammatico; ci siamo riconosciuti in Giovanni, l’amico che resta accanto anche quando l’altro dovesse toccare il livello più basso; ci siamo messi alla scuola di Maria per apprendere cosa significhi resistere continuando a mettere al mondo la vita quando tutto parla di morte. Forse siamo convinti che questo possa bastare per esprimere il nostro compianto nei confronti del Signore.
E invece no. A Pasqua ci è chiesto di accodarci al pellegrinaggio delle donne, non per visitare una tomba ma per incontrare il Risorto.
Troppe nostre notti sono senza memoria e senza attesa! Le attraversiamo non ricordando più ciò che Dio ha compiuto nelle grandi notti dell’umanità e perciò non attendendo più nulla se non che una pietra sigilli tutto, definitivamente.
Una sorta di pensiero magico ci fa ritenere che la gioia sia qualcosa che rimpiazzi o si sostituisca al dolore, magari cancellandolo o ignorandolo. La gioia che viene dalla Pasqua, invece, è la gioia che matura dentro il dolore del mondo. La Pasqua ci attesta che l’amore di Dio si manifesta proprio nell’ora del dramma per vie a noi sconosciute.
Abbiamo bisogno di accodarci al pellegrinaggio delle donne perché se il dolore che provano è grande, lo è altrettanto e ancor di più l’amore che fa loro sfidare la notte.
Le donne non si lasciano impietrire dal dolore ma cercano di vincerlo con gesti di pietà e di affetto. E non è ciò di cui abbiamo bisogno anche noi?
Credere nella Risurrezione non significa evitare la morte ma attraversarla e vincerla, non attraverso una riedizione della vita precedente, ma mediante l’ingresso nella vita stessa di Dio. Un anticipo di questo ingresso nella vita di Dio l’abbiamo già tutte le volte che amiamo qualcuno. Ripeterà San Giovanni: “noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita se amiamo i fratelli”.
Tutte le volte che qualcuno ha a cuore la vicenda di un altro, celebra la sua Pasqua perché esprime in questo modo ciò che un giorno vivremo in pienezza.

Don Paolo e don Francesco
augurano a tutti i parrocchiani una Pasqua serena,
nella gioia del Cristo Risorto.

2 Aprile 2023 – Domenica delle Palme

Giotto – Ingresso a Gerusalemme

 

Con la domenica della Palme si ricorda l’entrata trionfale di Gesù a Gerusalemme, qui venne accolto dalla folla che lo acclama come re, agitando fronde e rami presi dai campi. Il racconto è presente in tutti i vangeli, seppur con alcune varianti. Infatti fra Matteo, Marco, Luca e Giovanni, soltanto quest’ultimo menziona esplicitamente le palme.
In occasione di questa ricorrenza inizia la Settimana Santa, durante la quale si rievocano gli ultimi giorni della vita terrena di Cristo e vengono celebrate la sua Passione, Morte e Resurrezione.
La Domenica delle Palme celebrata dai Cattolici, Protestanti e Ortodossi, cade durante la Quaresima e termina con la celebrazione dell’ora nona del giovedì santo, giorno in cui, con la celebrazione vespertina, si da inizio al Sacro Triduo Pasquale.


Ogni mese, la nostra Parrocchia, deve pagare la rata del mutuo di 3.500 euro.
Aiuta la tua Parrocchia accreditando un’offerta mensile su questo conto corrente:

Parrocchia di S. Anna
IBAN: IT84V0538713704000048010743

26 Marzo 2023 – Io sono la resurrezione e la vita

Giotto – Resurrezione di Lazzaro

Gesù scoppio in pianto (Giovanni 11,35)

 

La morte di Lazzaro ha tutto l’aspetto di un fatto irreparabile: è già da quattro giorni nel sepolcro. Ormai – come credevano gli ebrei dell’epoca – l’anima del morto si è allontanata dal suo corpo. Ma è proprio a partire da qui che il racconto ci aiuta a decifrare l’identità di Gesù. Egli mostra innanzitutto la sua amicizia per Lazzaro e il suo dolore per la perdita dell’amico. Vederlo scoppiare in pianto di fronte alla tomba ci richiama la sua umanità che condivide le pene e le sofferenze di noi tutti, fino in fondo. Davanti alla morte Gesù non si arrende. A Marta, che gli viene incontro rammaricata della sua assenza, Gesù non le chiede una fede generica nella risurrezione; vuole che creda in lui, che è “la risurrezione e la vita”. Solo dopo questo Gesù va verso la tomba. Quello che compie è, in maniera inequivocabile, un gesto di potere sulla morte. Lui, Figlio di Dio, è più forte della morte e dunque non sarà questa a dire l’ultima parola. Il grido di Gesù chiama fuori dal sepolcro. Lazzaro viene sciolto da ciò che lo teneva prigioniero e viene restituito alla vita, a questa vita.

Sì, credere a Gesù significa raggiungere una pienezza sconosciuta per l’eternità. Ecco l’esperienza in cui entriamo grazie al Battesimo: essa apre possibilità inedite, dà uno sbocco imprevedibile alle nostre scelte e decisioni di quaggiù. La nostra alleanza con Dio appare come una relazione che dura per l’eternità. La risurrezione di Lazzaro provoca la fede di quelli che erano venuti dalle due sorelle per consolarle nel loro lutto, accelera la decisione dei capi di mettere a morte Gesù. Si profila dunque all’orizzonte quell’ingiustizia che si scatenerà contro Gesù. Ancora una volta, però, egli ci mostrerà come l’amore possa vincere qualsiasi male e spianare la strada a un futuro di speranza per l’umanità.


Ogni mese, la nostra Parrocchia, deve pagare la rata del mutuo di 3.500 euro.
Aiuta la tua Parrocchia accreditando un’offerta mensile su questo conto corrente:

Parrocchia di S. Anna
IBAN: IT84V0538713704000048010743

19 Marzo 2023 – La storia del cieco nato

El Greco – Guarigione del cieco

Fece del fango con la saliva e spalmò il fango sugli occhi del cieco (Gv.9,6)

 

Attorno al gesto compiuto da Gesù sul cieco nato si muovono altri personaggi. In particolare i farisei e gli stessi genitori del cieco.

Ciò che gli è accaduto è solo l’inizio di un percorso che lo condurrà alla fede, ma non senza passaggi dolorosi. Il racconto è la controprova che il miracolo non produce nulla in chi non ha la fede in Gesù. Anzi, sembra addirittura accelerare l’indurimento del cuore (vedi i farisei e i genitori).

Siamo tutti ciechi nati in quanto nessuno di noi può raggiungere da solo la “luce” della fede. Se all’inizio c’è l’intervento di Dio, che ci raggiunge attraverso Gesù, è altrettanto vero che poi c’è un itinerario da compiere da parte nostra. Il cieco è un isolato, un emarginato ed è proprio da questa posizione di grande fragilità che egli è invitato a professare la propria fede.

Oggi, come 2000 anni fa, coloro che vengono alla fede si trovano davanti a truppe analoghe. Non è una “luce” comoda quella che li raggiunge: scandaglia le profondità del loro essere e nello stesso tempo entra in conflitto con le tenebre. C’è una lotta dunque che attende il discepolo. Egli non può rimanere neutrale: deve esporsi, e proprio questo diventa fragile. Lo salva la fiducia che egli ripone in Cristo, riconosciuto come il Signore e il salvatore della sua vita. Lo salva lo sguardo limpido e nuovo, che gli fa conoscere una nuova esistenza, l’esistenza dei figli di Dio.

 


BENEDIZIONE DELLE FAMIGLIE

Continua la Benedizione delle famiglie. Don Paolo, don Francesco e padre Jesmit hanno ripreso il percorso da dove era stato sospeso a motivo del covid.
Le famiglie interessate riceveranno un avviso scritto alcuni giorni prima della visita.

 

12 Marzo 2023 – Al pozzo di Sicar

Samaritana al pozzo – Artemisia Gentileschi

Dammi da bere (Giovanni 4,7)

 

Al pozzo di Sicar, dei due personaggi, la donna sembra essere quella che si trova in situazione di forza: è del luogo e ha tutto l’occorrente per
attingere l’acqua. Gesù, da parte sua, appare in tutta la sua disarmante povertà.

Ma è proprio da questa posizione di debolezza che prende avvio un dialogo che porterà molto lontano. Inizia nella curiosità della donna, perché colui che chiede è un giudeo e perché offre qualcosa che, a prima vista, non può assolutamente fornire. Eppure un po’ alla volta quella curiosità diventa desiderio, desiderio non di un’acqua qualsiasi, ma di un’acqua viva, capace di estinguere per sempre la sete.

Le mezze verità lasciano il posto a una verità più piena e conducono al primo riconoscimento: sei un profeta. Quando ci si sente letti dentro, quando appare alla superficie anche quello che ci ostiniamo ad ignorare, allora ci si accorge di avere davanti qualcuno di straordinario. Non è cosa di tutti i giorni sentirsi conosciuti al di là delle nostre parole.
Sorgono così i grandi interrogativi: il proprio orizzonte si apre all’orizzonte di Dio, della sua esistenza, della sua presenza. I falsi problemi teologici vengono scartati e si fa strada una relazione nuova con Dio. Dal momento che Dio si è rivelato non si può più trattarlo come prima. Egli però domanda di entrare in un’alleanza che non è fatta di prescrizioni rituali passeggere. Chiede di trovare posto nell’esistenza di chi crede in lui e di trasformarla. Un po’ alla volta la samaritana riconosce Gesù come il Messia, l’atteso, il desiderato.

Solo lui può strapparci dal male, liberarci da ciò che ci tiene prigionieri, e spalancarci davanti una possibilità del tutto nuova. Insieme ai samaritani, anche noi professiamo la nostra fede nel “Salvatore del mondo”. Percorso della donna di Samaria, ma anche di ognuno di noi che giunge alla fede.


BENEDIZIONE DELLE FAMIGLIE

Continua la Benedizione delle famiglie. Don Paolo, don Francesco e padre Jesmit hanno ripreso il percorso da dove era stato sospeso a motivo del covid.
Le famiglie interessate riceveranno un avviso scritto alcuni giorni prima della visita.

 

5 Marzo 2023 – Volto trasfigurato

Raffaello – Trasfigurazione

Il suo volto brillò come il sole (Mt. 17,2)

 

Quel giorno sul monte i tre discepoli hanno assistito a qualcosa di imprevisto: i loro occhi hanno contemplato il volto di Gesù che irraggiava la luce e la bellezza di Dio. Una esperienza eccezionale che li colmati di timore e di gioia.

Timore perché hanno avvertito la grandezza e la bellezza di ciò che stava accadendo loro. Gioia perché quella visione dissipava tutti i loro dubbi, le loro paure e le loro esitazioni. Quel giorno accanto a Gesù essi hanno visto Mosè ed Elia ed hanno compreso che il loro Maestro veniva a portare a compimento il progetto di Dio, un disegno di salvezza pensato da secoli.

Anche per ognuno di noi c’è stato, da qualche parte, un monte della Trasfigurazione. E come loro abbiamo la tentazione di fermarci li dove siamo. Ma quella luce ci è donata come una spinta a riprendere la strada che porta alla resurrezione, passando attraverso il Calvario. Il ricordo di quella luce ci permetterà di attraversare le tenebre e di non soccombere alla tentazione, alla amarezza, allo scoraggiamento. Perché quando la luce viene meno, rimane sempre la Parola, che continua a guidarci anche in mezzo al buio più profondo. Ecco perché l’invito del Padre ad ascoltare il Figlio. La nostra esperienza di fede può contare solo raramente sulla “visione”: l’esperienza comune è quella dell’ascolto della Parola di Dio che struttura la vita del discepolo, lo aiuta a discernere e a scegliere, lo sostiene in qualsiasi frangente. Senza la guida della Parola noi rischiamo di smarrirci: alla prima difficoltà, alla prima prova non sappiamo più cosa fare, cominciamo a dubitare di Dio, della sua presenza, del suo amore.

La Quaresima ci richiama a questa necessità: metterci in ascolto di Gesù, la Parola di Dio fatta carne; fermarci per potere intendere la sua voce e permetterle di raggiungere la profondità del nostro cuore perché lo possa illuminare e trasformare.


BENEDIZIONE DELLE FAMIGLIE

Continua la Benedizione delle famiglie. Don Paolo, don Francesco e padre Jesmit hanno ripreso il percorso da dove era stato sospeso a motivo del covid.
Le famiglie interessate riceveranno un avviso scritto alcuni giorni prima della visita.

 

26 Febbraio 2023 – Un angelo nel cielo delle nostre città

Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio (Mt 4,4)

 

Proviamo ad immaginare il Vangelo delle tentazioni di questa 1ª domenica di Quaresima nel contesto delle città in cui viviamo, aiutati da questo articolo di Emilio Ronchi pubblicato sul quotidiano Avvenire di giovedì 23 febbraio 2023.

Il diavolo portò Gesù nella metropoli, capitale della finanza e della moda. Lo pose in alto, sopra la guglia centrale del Duomo, e gli mostrò la città ai suoi piedi: il Castello, la Borsa, la cintura delle banche, lo stadio, le vie della moda. E c’era folla sul corso, turisti e polizia. Qualcuno dei mendicanti stringeva un cagnolino in grembo, forse per un po’ di calore, forse per attivare un briciolo di pietà. Sull’asfalto grigio, coriandoli e stelle filanti di carnevale, e la pioggia leggera di fine inverno. Qualcuno, occhi tristi e pelle scura, vendeva le ultime rose ai passanti . Guardando bene si vedevano anche quelli che si lasciavano andare: alla solitudine, alla vecchiaia, alla depressione, che si lasciavano morire di droga o di dolore.

Allora il diavolo disse a Gesù: “Tutto questo è mio! Tutto sarà tuo se ti inginocchi davanti a me!”. Signore, perché non gli hai dato del bugiardo? Dicendogli, e dicendo a noi, che non è vero, che non tutto è suo, che la città non è il suo regno, che ci sono giusti e bambini e innamorati e poeti. Lascia che ti mostri una cosa, Signore, proprio a Te che non hai reagito. Nella città, che il Nemico dice sua, ci sono luoghi dove per tutto il giorno si asciugano lacrime, dove donne e uomini intercedono per la città, la collegano al cielo, e altri che provano a fare del loro poco qualcosa che serva a qualcuno. Ci sono madri che danno la vita per i figli e gente onesta perfino nelle piccole cose; ci sono padri che trasmettono rettitudine ai figli e occhi diritti. C’è il grido del male, lo sento forte, e mi stordisce a giorni, ma più ancora c’è il silenzioso lievitare del bene. Signore, se guardi bene nella città che il diavolo dice sua, non c’è solo competizione, puoi incontrare la passione per la giustizia, il sottovoce dell’onestà, gente limpida senza secondi fini. E se vieni ancora un po’ più vicino, puoi incontrare anche me, perché ci sono anch’io e sono tra quelli che credono ancora nell’amore, e non si consultano con le loro paure ma con i sogni. Buttati, ti ha detto, verranno gli angeli a portarti sulle mani! Io lo so che verranno, quando con l’ultimo, con il più grande atto di fede, mi butterò in Te nel giorno della mia morte, fidandomi. Se c’è un angelo nel cielo sopra la mia città, chiedo che mi accompagni nell’ultimo viaggio, tenendomi per mano, perché ho un po’ paura, e mi dica in quell’ultimo tratto di cielo solo questo: “Vieni, hai tentato di amare, il tuo desiderio di amore era già amore”! Non chiedo altro, ma che lo dica con un sorriso.

Leggi l’articolo sul quotidiano Avvenire


BENEDIZIONE DELLE FAMIGLIE

Da mercoledì 1° Febbraio è ricominciata la Benedizione delle famiglie. Don paolo, don Francesco e Padre Jesmit hanno ripreso il percorso da dove era stato sospeso a motivo del covid.
Le famiglie interessate riceveranno un avviso scritto alcuni giorni prima della visita.