26 Luglio 2023 – Festa della nostra patrona S. Anna


La chiesa è chiusa per lavori di ristrutturazione.

Le SS. Messe e tutte le celebrazioni si svolgono presso l’auditorium (Oratorio Parrocchiale – via Fratelli Cervi)

Orario SS. Messe:

Giorni feriali ore 18.30

Sabato e vigilia delle feste ore 19 – Festivo ore 8.30, 10.30, 12, 18

Per celebrare il sacramento della Confessione e contattare i preti:
Don Paolo 347 3002895
Don Francesco  347 8804368

 


Celebrazioni per la festa della nostra Patrona S. Anna

 

 

Martedì 25 luglio

  • Presso l’auditorium del centro parrocchiale, i preti saranno a disposizione per le confessioni dalle ore 16 alle ore 19.
    La messa delle 18.30 non sarà celebrata.
  • Alle ore 21 S. Messa solenne della festa di S. Anna
  • Al termine un momento conviviale, condividendo dolci e bibite

Mercoledì 26 luglio

  • Ore 9 preghiera comunitaria delle Lodi
  • Al termine, esposizione dell’Eucaristia per l’adorazione personale fino alle ore 12.
    In questo tempo i preti saranno a disposizione per la Confessione
  • Ore 18.30 S. Messa solenne

Al termine delle due S.S. Messe verrà fatto il rito della benedizione dei nonni e delle mamme in attesa.


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
IN OCCASIONE DELLA III GIORNATA MONDIALE DEI NONNI E DEGLI ANZIANI
23 luglio 2023

«Di generazione in generazione la sua misericordia» (Lc 1,50)

Cari fratelli e sorelle!

«Di generazione in generazione la sua misericordia» (Lc 1,50): è questo il tema della III Giornata Mondiale dei Nonni e degli Anziani. È un tema che ci riporta a un incontro benedetto: quello tra la giovane Maria e la sua anziana parente Elisabetta (cfr Lc 1,39-56). Questa, ricolma di Spirito Santo, rivolge alla Madre di Dio delle parole che, a distanza di millenni, ritmano la nostra preghiera quotidiana: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo» (v. 42). E lo Spirito Santo, già disceso su Maria, le suggerisce di rispondere con il Magnificat, nel quale proclama che la misericordia del Signore si estende di generazione in generazione. Lo Spirito Santo benedice e accompagna ogni fecondo incontro tra generazioni diverse, tra nonni e nipoti, tra giovani e anziani. Dio, infatti, desidera che, come ha fatto Maria con Elisabetta, i giovani rallegrino i cuori degli anziani, e che attingano sapienza dai loro vissuti. Ma, anzitutto, il Signore desidera che non lasciamo soli gli anziani, che non li releghiamo ai margini della vita, come purtroppo oggi troppo spesso accade.

È bella, quest’anno, la vicinanza tra la celebrazione della Giornata Mondiale dei Nonni e degli Anziani e quella della Gioventù; entrambe hanno come tema la “fretta” di Maria (cfr v. 39) nel visitare Elisabetta, e ci portano così a riflettere sul legame tra giovani e anziani. Il Signore spera che i giovani, incontrandoli, accolgano la chiamata a custodire la memoria e riconoscano, grazie a loro, il dono di appartenere a una storia più grande. L’amicizia di una persona anziana aiuta il giovane a non appiattire la vita sul presente e a ricordarsi che non tutto dipende dalle sue capacità. Per i più anziani, invece, la presenza di un giovane apre alla speranza che quanto hanno vissuto non vada perduto e che i loro sogni si realizzino. Insomma, la visita di Maria ad Elisabetta e la consapevolezza che la misericordia del Signore si trasmette da una generazione all’altra rivelano che non possiamo andare avanti – e neppure salvarci – da soli e che l’intervento di Dio si manifesta sempre nell’insieme, nella storia di un popolo. È Maria stessa a dirlo nel Magnificat, esultando in Dio che ha operato meraviglie nuove e sorprendenti, fedele alla promessa fatta ad Abramo (cfr vv. 51-55).

Per meglio accogliere lo stile dell’agire di Dio, ricordiamo che il tempo va abitato nella sua pienezza, perché le realtà più grandi e i sogni più belli non si realizzano in un attimo, ma attraverso una crescita e una maturazione: in cammino, in dialogo, in relazione. Perciò chi si concentra solo sull’immediato, sui propri vantaggi da conseguire rapidamente e avidamente, sul “tutto e subito”, perde di vista l’agire di Dio. Il suo progetto di amore attraversa invece il passato, il presente e il futuro, abbraccia e mette in collegamento le generazioni. È un progetto che va oltre noi stessi, ma nel quale ciascuno di noi è importante, e soprattutto è chiamato ad andare oltre. Per i più giovani si tratta di andare al di là dell’immediato nel quale ci confina la realtà virtuale, la quale spesso distoglie dall’azione concreta; per i più anziani si tratta di non soffermarsi sulle forze che s’indeboliscono e di non rammaricarsi per le occasioni perse. Guardiamo avanti! Lasciamoci plasmare dalla grazia di Dio che, di generazione in generazione, ci libera dall’immobilismo nell’agire e dai rimpianti del passato!

Nell’incontro tra Maria ed Elisabetta, tra giovani e anziani, Dio ci dona il suo futuro. Il cammino di Maria e l’accoglienza di Elisabetta aprono infatti le porte al manifestarsi della salvezza: attraverso il loro abbraccio la sua misericordia irrompe con gioiosa mitezza nella storia umana. Vorrei allora invitare ciascuno a pensare a quell’incontro, di più, a chiudere gli occhi e a immaginare, come in un’istantanea, quell’abbraccio tra la giovane Madre di Dio e l’anziana madre di San Giovanni Battista; a rappresentarlo nella mente e a visualizzarlo nel cuore, per fissarlo nell’anima come una luminosa icona interiore.

E invito poi a passare dall’immaginazione alla concretezza nel fare qualcosa per abbracciare i nonni e gli anziani. Non lasciamoli soli, la loro presenza nelle famiglie e nelle comunità è preziosa, ci dona la consapevolezza di condividere la medesima eredità e di far parte di un popolo in cui si custodiscono le radici. Sì, sono gli anziani a trasmetterci l’appartenenza al Popolo santo di Dio. La Chiesa, così come la società, ha bisogno di loro. Essi consegnano al presente un passato necessario per costruire il futuro. Onoriamoli, non priviamoci della loro compagnia e non priviamoli della nostra, non permettiamo che siano scartati!

La Giornata Mondiale dei Nonni e degli Anziani vuol essere un piccolo segno delicato di speranza per loro e per la Chiesa intera. Rinnovo perciò il mio invito a tutti – diocesi, parrocchie, associazioni, comunità – a celebrarla, mettendo al centro la gioia traboccante di un rinnovato incontro tra giovani e anziani. A voi giovani, che vi state preparando a partire per Lisbona o che vivrete la Giornata Mondiale della Gioventù nei vostri luoghi, vorrei dire: prima di mettervi in viaggio andate a trovare i vostri nonni, fate una visita a un anziano solo! La sua preghiera vi proteggerà e porterete nel cuore la benedizione di quell’incontro. A voi anziani chiedo di accompagnare con la preghiera i giovani che stanno per celebrare la GMG. Quei ragazzi sono la risposta di Dio alle vostre richieste, il frutto di quel che avete seminato, il segno che Dio non abbandona il suo popolo, ma sempre lo ringiovanisce con la fantasia dello Spirito Santo.

Cari nonni, cari fratelli e sorelle anziani, che la benedizione dell’abbraccio tra Maria ed Elisabetta vi raggiunga e colmi di pace i vostri cuori. Vi benedico con affetto. E voi, per favore, pregate per me.

Roma, San Giovanni in Laterano, 31 maggio 2023, Festa della Visitazione della B.V. Maria.
 

FRANCESCO

16 Luglio 2023 – Il seminatore uscì a seminare…


La chiesa è chiusa per lavori di ristrutturazione.

Le SS. Messe e tutte le celebrazioni si svolgono presso l’auditorium (Oratorio Parrocchiale – via Fratelli Cervi)

Orario SS. Messe:

Giorni feriali ore 18.30

Sabato e vigilia delle feste ore 19 – Festivo ore 8.30, 10.30, 12, 18

Per celebrare il sacramento della Confessione e contattare i preti:
Don Paolo 347 3002895
Don Francesco  347 8804368

 


 

Nel Vangelo di questa domenica (cfr Mt 13,1-23) Gesù racconta a una grande folla la parabola – che tutti conosciamo bene – del seminatore, che getta la semente su quattro tipi diversi di terreno. La Parola di Dio, simboleggiata dai semi, non è una Parola astratta, ma è Cristo stesso, il Verbo del Padre che si è incarnato nel grembo di Maria. Pertanto, accogliere la Parola di Dio vuol dire accogliere la persona di Cristo, lo stesso Cristo.

Ci sono diversi modi di ricevere la Parola di Dio. Possiamo farlo come una strada, dove subito vengono gli uccelli e mangiano i semi. Questa sarebbe la distrazione, un grande pericolo del nostro tempo. Assillati da tante chiacchiere, da tante ideologie, dalle continue possibilità di distrarsi dentro e fuori di casa, si può perdere il gusto del silenzio, del raccoglimento, del dialogo con il Signore, tanto da rischiare di perdere la fede, di non accogliere la Parola di Dio. Stiamo vedendo tutto, distratti da tutto, dalle cose mondane.

Un’altra possibilità: possiamo accogliere la Parola di Dio come un terreno sassoso, con poca terra. Lì il seme germoglia presto, ma presto pure si secca, perché non riesce a mettere radici in profondità. È l’immagine di quelli che accolgono la Parola di Dio con l’entusiasmo momentaneo che però rimane superficiale, non assimila la Parola di Dio. E così, davanti alla prima difficoltà, pensiamo a una sofferenza, a un turbamento della vita, quella fede ancora debole si dissolve, come si secca il seme che cade in mezzo alle pietre.

Possiamo, ancora – una terza possibilità di cui Gesù parla nella parabola – accogliere la Parola di Dio come un terreno dove crescono cespugli spinosi. E le spine sono l’inganno della ricchezza, del successo, delle preoccupazioni mondane… Lì la Parola cresce un po’, ma rimane soffocata, non è forte, muore o non porta frutto.

Infine – la quarta possibilità – possiamo accoglierla come il terreno buono. Qui, e soltanto qui il seme attecchisce e porta frutto. La semente caduta su questo terreno fertile rappresenta coloro che ascoltano la Parola, la accolgono, la custodiscono nel cuore e la mettono in pratica nella vita di ogni giorno.

Questa del seminatore è un po’ la “madre” di tutte le parabole, perché parla dell’ascolto della Parola. Ci ricorda che essa è un seme fecondo ed efficace; e Dio lo sparge dappertutto con generosità, senza badare a sprechi. Così è il cuore di Dio! Ognuno di noi è un terreno su cui cade il seme della Parola, nessuno è escluso. La Parola è data a ognuno di noi. Possiamo chiederci: io, che tipo di terreno sono? Assomiglio alla strada, alla terra sassosa, al roveto? Se vogliamo, con la grazia di Dio possiamo diventare terreno buono, dissodato e coltivato con cura, per far maturare il seme della Parola. Esso è già presente nel nostro cuore, ma il farlo fruttificare dipende da noi, dipende dall’accoglienza che riserviamo a questo seme. Spesso si è distratti da troppi interessi, da troppi richiami, ed è difficile distinguere, fra tante voci e tante parole, quella del Signore, l’unica che rende liberi. Per questo è importante abituarsi ad ascoltare la Parola di Dio, a leggerla. E torno, una volta in più, su quel consiglio: portate sempre con voi un piccolo Vangelo, un’edizione tascabile del Vangelo, in tasca, in borsa… E così, leggete ogni giorno un pezzetto, perché siate abituati a leggere la Parola di Dio, e capire bene qual è il seme che Dio ti offre, e pensare con quale terra io lo ricevo.

La Vergine Maria, modello perfetto di terra buona e fertile, ci aiuti, con la sua preghiera, a diventare terreno disponibile senza spine né sassi, affinché possiamo portare buoni frutti per noi e per i nostri fratelli.

Papa Francesco, Angelus di domenica 12 luglio 2020

9 Luglio 2023 – Io vi darò ristoro


La chiesa è chiusa per lavori di ristrutturazione.

Le SS. Messe e tutte le celebrazioni si svolgono presso l’auditorium (Oratorio Parrocchiale – via Fratelli Cervi)

Orario SS. Messe:

Giorni feriali ore 18.30

Sabato e vigilia delle feste ore 19

Festivo ore 8.30, 10.30, 12, 18

Per celebrare il sacramento della Confessione e contattare i preti:
Don Paolo 347 3002895
Don Francesco  347 8804368

 


 

Il brano evangelico di questa domenica (cfr Mt 11,25-30) è articolato in tre parti: anzitutto Gesù innalza un inno di benedizione e di ringraziamento al Padre, perché ha rivelato ai poveri e ai semplici il mistero del Regno dei cieli; poi svela il rapporto intimo e singolare che c’è tra Lui e il Padre; e infine invita ad andare a Lui e a seguirlo per trovare sollievo.

In primo luogo, Gesù loda il Padre, perché ha tenuto nascosti i segreti del suo Regno, della sua verità, «ai sapienti e ai dotti» (v. 25). Li chiama così con un velo di ironia, perché presumono di essere saggi, sapienti, e dunque hanno il cuore chiuso, tante volte. La vera saggezza viene anche dal cuore, non è soltanto capire idee: la vera saggezza entra anche nel cuore. E se tu sai tante cose ma hai il cuore chiuso, tu non sei saggio. I misteri di suo Padre, Gesù li dice rivelati ai «piccoli», a quanti si aprono con fiducia alla sua Parola di salvezza, aprono il cuore alla Parola di salvezza, sentono il bisogno di Lui e attendono tutto da Lui. Il cuore aperto e fiducioso verso il Signore.

Poi, Gesù spiega che ha ricevuto tutto dal Padre, e lo chiama «Padre mio», per affermare l’unicità del suo rapporto con Lui. Infatti, solo tra il Figlio e il Padre c’è totale reciprocità: l’uno conosce l’altro, l’uno vive nell’altro. Ma questa comunione unica è come un fiore che sboccia, per rivelare gratuitamente la sua bellezza e la sua bontà. Ed ecco allora l’invito di Gesù: «Venite a me…» (v. 28). Egli vuole donare quanto attinge dal Padre. Vuole donarci la verità, e la verità di Gesù è sempre gratuita: è un dono, è lo Spirito Santo, la Verità.

Come il Padre ha una preferenza per i «piccoli», così anche Gesù si rivolge agli «affaticati e oppressi». Anzi, mette sé stesso tra loro, perché Egli è il «mite e umile di cuore» (v. 29), così dice di essere. Come nella prima e nella terza beatitudine, quella degli umili o poveri in spirito; e quella dei miti (cfr Mt 5,3.5): la mitezza di Gesù. Così Gesù, «mite e umile», non è un modello per i rassegnati né semplicemente una vittima, ma è l’Uomo che vive «di cuore» questa condizione in piena trasparenza all’amore del Padre, cioè allo Spirito Santo. Egli è il modello dei «poveri in spirito» e di tutti gli altri “beati” del Vangelo, che compiono la volontà di Dio e testimoniano il suo Regno.

E poi, Gesù dice che se andiamo da Lui troveremo ristoro: il «ristoro» che Cristo offre agli affaticati e oppressi non è un sollievo soltanto psicologico o un’elemosina elargita, ma la gioia dei poveri di essere evangelizzati e costruttori della nuova umanità. Questo è il sollievo: la gioia, la gioia che ci dà Gesù. È unica, è la gioia che ha Lui stesso. È un messaggio per tutti noi, per tutti gli uomini di buona volontà, che Gesù rivolge ancora oggi nel mondo, che esalta chi si fa ricco e potente. Quante volte noi diciamo: “Ah, vorrei essere come quello, come quella, che è ricco, ha tanto potere, non gli manca nulla!”. Il mondo esalta il ricco e potente, non importa con quali mezzi, e a volte calpesta la persona umana e la sua dignità. E questo noi lo vediamo tutti i giorni, i poveri calpestati. Ed è un messaggio per la Chiesa, chiamata a vivere le opere di misericordia e a evangelizzare i poveri, ad essere mite, umile. Così il Signore vuole che sia la sua Chiesa, cioè noi.

Maria, la più umile e la più alta tra le creature, implori da Dio per noi la sapienza del cuore, affinché sappiamo discernere i suoi segni nella nostra vita ed essere partecipi di quei misteri che, nascosti ai superbi, vengono rivelati agli umili.

Papa Francesco, Angelus di domenica 5 luglio 2020

2 Luglio 2023 – Non cercare scorciatoie

 

In questa domenica, il Vangelo (cfr Mt 10,37-42) fa risuonare con forza l’invito a vivere in pienezza e senza tentennamenti la nostra adesione al Signore. Gesù chiede ai suoi discepoli di prendere sul serio le esigenze evangeliche, anche quando ciò richiede sacrificio e fatica.

La prima richiesta esigente che Egli rivolge a chi lo segue è quella di porre l’amore verso di Lui al di sopra degli affetti familiari. Dice: «Chi ama padre o madre, […] figlio o figlia più di me non è degno di me» (v. 37). Gesù non intende di certo sottovalutare l’amore per i genitori e i figli, ma sa che i legami di parentela, se sono messi al primo posto, possono deviare dal vero bene. Lo vediamo: alcune corruzioni nei governi, vengono proprio perché l’amore alla parentela è più grande dell’amore alla patria, e mettono in carica i parenti. Lo stesso con Gesù: quando l’amore [per i familiari] è più grande di [quello per] Lui non va bene. Tutti potremmo portare tanti esempi al riguardo. Senza parlare di quelle situazioni in cui gli affetti familiari si mischiano con scelte contrapposte al Vangelo. Quando invece l’amore verso i genitori e i figli è animato e purificato dall’amore del Signore, allora diventa pienamente fecondo e produce frutti di bene nella famiglia stessa e molto al di là di essa. In questo senso Gesù dice questa frase. Ricordiamo anche come Gesù rimprovera i dottori della legge che fanno mancare il necessario ai genitori con la pretesa di darlo all’altare, di darlo alla Chiesa (cfr Mc 7,8-13). Li rimprovera! Il vero amore a Gesù richiede un vero amore ai genitori, ai figli, ma se cerchiamo prima l’interesse familiare, questo porta sempre su una strada sbagliata.

Poi, Gesù dice ai suoi discepoli: «Chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me» (v. 38). Si tratta di seguirlo sulla via che Egli stesso ha percorso, senza cercare scorciatoie. Non c’è vero amore senza croce, cioè senza un prezzo da pagare di persona. E lo dicono tante mamme, tanti papà che si sacrificano tanto per i figli e sopportano dei veri sacrifici, delle croci, perché amano. E portata con Gesù, la croce non fa paura, perché Lui è sempre al nostro fianco per sorreggerci nell’ora della prova più dura, per darci forza e coraggio. Neanche serve agitarsi per preservare la propria vita, con un atteggiamento timoroso ed egoistico. Gesù ammonisce: «Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia – cioè per amore, per amore a Gesù, per amore al prossimo, per il servizio degli altri –, la troverà» (v. 39). È il paradosso del Vangelo. Ma anche di questo abbiamo, grazie a Dio, tantissimi esempi! Lo vediamo in questi giorni. Quanta gente, quanta gente, sta portando croci per aiutare gli altri! Si sacrifica per aiutare gli altri che hanno bisogno in questa pandemia. Ma, sempre con Gesù, si può fare. La pienezza della vita e della gioia si trova donando sé stessi per il Vangelo e per i fratelli, con apertura, accoglienza e benevolenza.

Così facendo, possiamo sperimentare la generosità e la gratitudine di Dio. Ce lo ricorda Gesù: «Chi accoglie voi accoglie me […]. Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli […] non perderà la ricompensa» (vv. 40; 42). La gratitudine generosa di Dio Padre tiene conto anche del più piccolo gesto di amore e di servizio reso ai fratelli. In questi giorni, ho sentito un prete che era commosso perché in parrocchia gli si è avvicinato un bambino e gli ha detto: “Padre, questi sono i miei risparmi, poca cosa, è per i suoi poveri, per coloro che oggi hanno bisogno per la pandemia”. Piccola cosa, ma grande cosa! È una riconoscenza contagiosa, che aiuta ciascuno di noi ad avere gratitudine verso quanti si prendono cura delle nostre necessità. Quando qualcuno ci offre un servizio, non dobbiamo pensare che tutto ci sia dovuto. No, tanti servizi si fanno per gratuità. Pensate al volontariato, che è una delle cose più grandi che ha la società italiana. I volontari… E quanti di loro hanno lasciato la vita in questa pandemia! Si fa per amore, semplicemente per servizio. La gratitudine, la riconoscenza, è prima di tutto segno di buona educazione, ma è anche un distintivo del cristiano. È un segno semplice ma genuino del regno di Dio, che è regno di amore gratuito e riconoscente.

Maria Santissima, che ha amato Gesù più della sua stessa vita e lo ha seguito fino alla croce, ci aiuti a metterci sempre davanti a Dio con cuore disponibile, lasciando che la sua Parola giudichi i nostri comportamenti e le nostre scelte

Papa Francesco, Angelus di domenica 28 giugno 2020

25 Giugno 2023 – Non abbiate paura

 

Nel Vangelo di questa domenica (cfr Mt 10,26-33) risuona l’invito che Gesù rivolge ai suoi discepoli a non avere paura, ad essere forti e fiduciosi di fronte alle sfide della vita, preavvisandoli delle avversità che li attendono. Il brano odierno fa parte del discorso missionario, con cui il Maestro prepara gli Apostoli alla prima esperienza di annuncio del Regno di Dio. Gesù li esorta con insistenza a “non avere paura”. La paura è uno dei nemici più brutti della nostra vita cristiana. Gesù esorta: “Non abbiate paura”, “non abbiate paura”. E Gesù descrive tre situazioni concrete che essi si troveranno ad affrontare.

Anzitutto, la prima, l’ostilità di quanti vorrebbero zittire la Parola di Dio, edulcorandola, annacquandola, o mettendo a tacere chi la annuncia. In questo caso, Gesù incoraggia gli Apostoli a diffondere il messaggio di salvezza che Lui ha loro affidato. Per il momento, Lui lo ha trasmesso con cautela, quasi di nascosto, nel piccolo gruppo dei discepoli. Ma loro dovranno dire “nella luce”, cioè apertamente, e annunciare “dalle terrazze” – così dice Gesù – cioè pubblicamente, il suo Vangelo.

La seconda difficoltà che i missionari di Cristo incontreranno è la minaccia fisica contro di loro, cioè la persecuzione diretta contro le loro persone, fino all’uccisione. Questa profezia di Gesù si è realizzata in ogni tempo: è una realtà dolorosa, ma attesta la fedeltà dei testimoni. Quanti cristiani sono perseguitati anche oggi in tutto il mondo! Soffrono per il Vangelo con amore, sono i martiri dei nostri giorni. E possiamo dire con sicurezza che sono più dei martiri dei primi tempi: tanti martiri, soltanto per il fatto di essere cristiani. A questi discepoli di ieri e di oggi che patiscono la persecuzione, Gesù raccomanda: «Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima» (v. 28). Non bisogna lasciarsi spaventare da quanti cercano di spegnere la forza evangelizzatrice con l’arroganza e la violenza. Nulla, infatti, essi possono contro l’anima, cioè contro la comunione con Dio: questa, nessuno può toglierla ai discepoli, perché è un dono di Dio. La sola paura che il discepolo deve avere è quella di perdere questo dono divino, la vicinanza, l’amicizia con Dio, rinunciando a vivere secondo il Vangelo e procurandosi così la morte morale, che è l’effetto del peccato.

Il terzo tipo di prova che gli Apostoli si troveranno a fronteggiare, Gesù la indica nella sensazione, che alcuni potranno sperimentare, che Dio stesso li abbia abbandonati, restando distante e silenzioso. Anche qui esorta a non avere paura, perché, pur attraversando queste e altre insidie, la vita dei discepoli è saldamente nelle mani di Dio, che ci ama e ci custodisce. Sono come le tre tentazioni: edulcorare il Vangelo, annacquarlo; seconda, la persecuzione; e terza, la sensazione che Dio ci ha lasciati da soli. Anche Gesù ha sofferto questa prova nell’orto degli ulivi e sulla croce: “Padre, perché mi hai abbandonato?”, dice Gesù. Alle volte si sente questa aridità spirituale; non ne dobbiamo avere paura. Il Padre si prende cura di noi, perché grande è il nostro valore ai suoi occhi. Ciò che importa è la franchezza, è il coraggio della testimonianza, della testimonianza di fede: “riconoscere Gesù davanti agli uomini” e andare avanti facendo del bene.

Maria Santissima, modello di fiducia e di abbandono in Dio nell’ora dell’avversità e del pericolo, ci aiuti a non cedere mai allo sconforto, ma ad affidarci sempre a Lui e alla sua grazia, perché la grazia di Dio è sempre più potente del male.

Papa Francesco, Angelus di domenica 21 giugno 2020

18 Giugno 2023 – Comunicato importante riguardo alla nostra chiesa

 

Da lunedì 26 giugno la nostra chiesa verrà chiusa al pubblico per alcuni mesi per poter eseguire alcuni importanti lavori di ristrutturazione e restauro.

La celebrazione delle messe, feriali e festive, e delle altre liturgie viene spostata nella sala dell’Auditorium, presso l’oratorio parrocchiale ( via Fratelli Cervi ).

Gli interventi in programma si rendono necessari per risolvere alcune problematiche che si sono manifestate nel corso degli ultimi anni e sono i seguenti:

  • per eliminare le infiltrazioni d’acqua piovana è previsto il parziale rifacimento del manto di copertura, con inserimento di nuovo isolante limitatamente alle zone degradate e oggetto di infiltrazioni (zona adiacente campanile, compluvi e cupola). E’ prevista anche l’installazione del sistema di sicurezza per future manutenzioni in copertura;
  • per eliminare la pioggia che cade abbondante attraverso le vetrate, è previsto il restauro completo delle n. 24 vetrate artistiche della cupola e di n. 6 della navata, le più deteriorate e oggetto di fratture e distacchi delle tessere. E’ prevista anche l’installazione di un nuovo infisso a protezione, esterno;
  • il parziale rifacimento degli intonaci, conseguente alle necessarie opere di deumidificazione della parte inferiore delle pareti esterne oltre ad alcune opere di rinforzo strutturale delle volte con fibre di carbonio;
  • per adeguare l’impianto di riscaldamento alle norme attuali e ridurne sensibilmente i consumi, è prevista la realizzazione di un nuovo sistema di riscaldamento a pedane radianti con la sostituzione dell’ attuale caldaia , non più conforme alle vigenti norme, con una pompa di calore;
  • per poter nuovamente utilizzare le campane eliminando i rischi conseguenti alle vibrazioni trasmesse al campanile, se concesso, sarà rinnovato il sistema di funzionamento;
  • completeranno l’opera nuove pitturazioni interne ed esterne oltre al restauro dei portoni e delle pitture nelle lunette sopra le porte.

La spesa complessiva prevista è di circa 600.000 € e sarà finanziata in parte con i contributi della Conferenza Episcopale Italiana (fondi 8xMille) e in parte con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, verso le quali esprimiamo vivo ringraziamento.

Queste opere, necessarie sia per la manutenzione e conservazione della chiesa che per rendere sicuri e adeguati gli impianti, comporteranno qualche fastidio per lo spostamento delle celebrazioni liturgiche, ma renderanno la nostra chiesa ancora più decorosa e funzionale.

Il Parroco ed i Tecnici incaricati

11 Giugno 2023 – Mangiare e bere

Il pane che io darò è la mia carne (Gv 6,51)

 

Che la Parola di Dio abbia ritrovato il posto che le competeva nella liturgia e nell’esistenza cristiana è senz’altro un vantaggio indispensabile. Ma questa Parola – non dobbiamo dimenticarlo – è una Parola “fatta carne”, diventata un uomo, non condannata a restare voce o scritto.

Ecco perché la Parola non basta per accedere a una relazione autentica con Dio. Ed ecco perché essa passa attraverso la “carne” ed il “sangue” di Cristo, attraverso di lui, mediante il gesto semplice del mangiare e dl bere.

Mangiare e bere sono azioni primordiali che hanno a che fare con la nutrizione, gesti che non hanno bisogno di grandi discorsi perché si impongono immediatamente. Rispondono alla nostra fame e alla nostra sete, portano alla nostra esistenza energie vitali, trasmettono forza.

La “carne” ed il “sangue” di Cristo, certo, non sono un cibo ed una bevanda qualsiasi: attraverso di essi noi entriamo nel vivo di una comunione profonda.
Basta solo accogliere il dono, un dono prezioso. Basta accettare di lasciarsi trasformare: perché questo cibo non diventa qualcosa di noi, ma ci avvicina a lui, ci fa assomigliare a lui. Basta assecondare la forza e la vitalità che ci vengono da questo nutrimento.

In una civiltà in cui troppo spesso si avverte il bisogno di esprimersi e di esibirsi, di dire la propria parola per essere certi di esserci, qui quello che conta veramente è partecipare, tendere la mano per ricevere il dono riconoscerlo e accoglierlo, mangiare e bere.
In una società in cui ognuno cerca i segni della distinzione, per distanziarsi dalla massa, per mostrare la propria qualità superiore, si viene invitati ad una mensa in cui si è tutti figli dello stesso Padre, tutti poveri nutriti alla sua tavola, tutti fratelli perché partecipi della stessa dignità.

4 Giugno 2023 – Mistero d’Amore

Anrej Rublev – Trinità

 

Il mistero della Trinità è, innanzitutto, un mistero d’amore che domanda di essere raccontato; è il solo modo in cui possiamo entrarvi. Raccontare l’amore del Padre che chiama alla vita e alla esistenza l’universo e l’umanità. Un amore che desta alla vita creature quali autentici partner, dotati di coscienza, di libertà e di volontà. Raccontare l’amore del Figlio che viene a realizzare un disegno di salvezza e sceglie la strada dell’incarnazione. Si fa uomo.
Accetta tutti i rischi e pericoli connessi con questa condizione, pur di trasmettere la misericordia e la bontà. Disposto anche a donare la propria vita, a soffrire e a morire. Raccontare l’amore che ci raggiunge attraverso lo Spirito Santo mediante la sua forza che si manifesta in persone fragili, mediante la sua saggezza che si rivela nei semplici e nei piccoli. Per vie modeste e con mezzi poveri egli riesce a trasfigurare il volto della storia e a produrre cambiamenti imprevisti. Suscita il nuovo e lo rende radicato nel profondo dell’esistenza. Ma raccontarlo non basta. Quest’amore va accolto; facendo cadere ogni barriera e ogni difesa. Lasciandoci avvolgere dal suo calore e inondare della sua tenerezza.
Accoglierlo significa farlo entrare nella propria vita, dargli spazio in cima ai propri pensieri, riconoscerli priorità nei nostri progetti.
Accoglierlo significa rispondergli non solo a parole, ma con i fatti.
Dimostrando di prenderlo sul serio. Perché credere non vuol dire affermare la sua esistenza, ma affidargli la propria vita, mettersi nelle
sue mani.
Tutto questo, nonostante le nostre fragilità e infedeltà.
Celebrare la festa della Trinità significa lasciarci afferrare da questo amore per viverne e restarne trasfigurati. Prendere a cuore la relazione con Dio che risulta decisiva per questa vita terrena e per l’eternità.

28 Maggio 2023 – Il dono del Risorto

Giotto – Pentecoste (Cappella Scrovegni)

Apparvero loro lingue come di fuoco (At 2,3)

 

E’ la sera dello stesso giorno di Pasqua, quel giorno così pieno di emozioni per gli apostoli! Tutto è cominciato con il messaggio che le donne sono venute a portare. Poi la corsa al sepolcro, spalancato e vuoto. E di conseguenza la selva di interrogativi e di paure che abita il cuore e la mente. Adesso però Gesù stesso appare ai suoi, ristabilisce il contatto con loro e proprio nel luogo in cui aveva celebrato la sua Ultima Cena.

La comunione interrotta è ripristinata. Dopo gli eventi drammatici della passione e della morte. Dopo le fragilità e i tradimenti, dopo la tristezza e il dolore. Adesso il Signore è di nuovo in mezzo a loro. Quello che è accaduto non è stato solo un incidente di percorso. Se il Risorto mostra le sue mani forate dai chiodi e il suo fianco squarciato dalla lancia è perché quelli sono i segni autentici dell’amore ed è passando per quel tunnel oscuro e difficile di sofferenza e di morte che si è compiuta la salvezza dell’ umanità.

La reazione degli apostoli è immediata: dopo tanto dolore finalmente fiorisce la gioia! Vedere di nuovo Gesù significa ritrovare la speranza. La loro non è stata solo una illusione. Se egli è vivo, la morte non ha potuto dire l’ultima parola. Se egli è vivo, il suo progetto è vero ed è più forte di qualsiasi cattiveria umana.

Il saluto di Gesù, che li raggiunge, è anche il suo primo dono: è quella pace che coincide con la realizzazione del progetto di Dio. Non significa tranquillità, ma pienezza di vita. Questa pace deve essere fatta conoscere a tutti.

È stata proprio questa la missione di Gesù: affrontare e vincere le forze del male, strappare gli uomini al peccato e alla cattiveria. Lo ha fatto con la sola forza dell’amore, offrendo se stesso, la sua stessa vita, fino a morire. Ora il testimone passa ai suoi: la strada che lui ha tracciato e percorso per primo, tocca a loro imboccarla.

Non saranno soli, però. Non verranno abbandonati a stessi, alle loro sole energie. Il Risorto dona loro lo Spirito: il soffio vitale capace di trasformare i cuori e la faccia della terra.

Sarà Io Spirito, dunque, a condurli. Sarà lo Spirito a trasmettere forza e luce. Su di lui potranno sempre contare.
Presenza discreta, ma sicura, io Spirito Santo produrrà cambiamenti inspiegabili. A partire da loro stessi che affronteranno il mare aperto della storia e andranno incontro a ostilità e rifiuti, senza paura. Saranno loro, con il loro coraggio e la loro fiducia, il primo segno di quello che Egli può operare.

21 Maggio 2023 – Andate… io sono con voi

Perugino – Ascensione di Cristo

Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli (Mt 28,19)

L’appuntamento è in quella Galilea che era stata da sempre luogo di passaggio, di invasioni, di scontri. Regione multietnica, diremmo noi oggi.
E’ lì che il Risorto dà appuntamento ai suoi. Non al chiuso di una stanza densa di ricordi, come il cenacolo. Non nel calore di una riunione intima, tra i pochi che hanno condiviso con lui entusiasmi e speranze, fatiche e contrasti. Tutt’altro. Visto che i discepoli dovranno affrontare il mare aperto, andare ai quattro angoli della terra a portare la buona novella, tanto vale la pena mettersi già in posizione di partenza.
Di una partenza, infatti, si tratta.
Di uno stacco dalla terra che hanno percorso insieme, Maestro e discepoli, verso le terre più lontane, tra i popoli che parlano lingue diverse e hanno culture molto differenti fra loro.
Questo: “Andate!” verso “tutte le nazioni” è scritto da quel giorno nei cromosomi della Chiesa.
Un verbo di movimento che richiama continuamente tutti coloro che hanno la vocazione dei sedentari, tutti quelli che vorrebbero fermarsi per contarsi, per scavare qualche trincea, per innalzare delle barriere di fortificazione. Non è questo che Gesù chiede ai suoi discepoli.
L’immagine del cristiano non è quella di un uomo che apre il Vangelo e si immerge nella lettura, sprofondando nella comoda poltrona, con i piedi infilati nelle pantofole. Il vangelo è un libro di viaggio, da aprire per strada, da far trasparire nel cammino di ogni giorno, quello che si intraprende assieme a uomini e donne di ogni età, provenienza, tradizione.
Il Vangelo è fatto per cambiare la realtà, per destare e far affrontare la strada.
Missione rischiosa? Certo. Ne sanno qualcosa i missionari e le missionarie di ogni tempo.
Non è possibile immaginare quello che accadrà e bisogna veramente mettere in conto tutto: i processi, il carcere, le malattie, le infermità, l’isolamento, l’incomprensione, la calunnia. Tutto! Missione impossibile, dunque? Fatta apposta per pochi eroi, non per uomini e donne comuni?
No. Gesù affida un compito, ma assicura anche la sua presenza: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”.
E’ qui che riposa la fiducia e la serenità che accompagnano i messaggeri del vangelo, anche nei frangenti più drammatici.
E’ la certezza di non essere solo, in balia del caso, nelle mani della cattiveria umana, ma accompagnati, seguiti a vista d’occhio, sostenuti e preceduti dal Signore Gesù.